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SPOILER: alla fine mica l’ho imparato il cinese. Però è colpa mia che con le lingue ci so fare come a mangiare un brodino con la forchetta.
E non ne faccio assolutamente una colpa nemmeno a Stefano Misesti e il suo “Il Cinese a fumetti” edito da Nicola Pesce Editore.
Ma andiamo con ordine che qui sembra più un manga giapponese che parto dalla fine e arrivo all’inizio.
Quante volte vi è capitato di trovarvi davanti alla scrittura dei Paesi asiatici con punti interrogativi più grandi della stessa Cina?
Quante volte volevate farvi un tatuaggio figo, chessò sul polpaccio (che fa un sacco) o sul retro della spalla (che fa anche lì), con una parola scritta in cinese o giapponese ma poi avete iniziato a girare per facebook e vi siete imbattuti in mille notizie che hanno assunto toni ormai leggendari dove molte persone si sono in realtà tatuate frasi a caso, elenchi del telefono o parole tipo “ravioli al vapore”?
Troppe.
Davvero troppe volte.
E lo so, sto generalizzando il fatto che scritture giapponese e cinese siano uguali. Ma non lo sono.
Lo so, lo so…
Ehi, ve l’ho detto che con le lingue io proprio non c’azzecco niente, eh!
Per questo ho deciso di fare questa recensione, che credete.
Torniamo ai dubbi.
Torniamo ai punti interrogativi che ci prendono nel girare e rigirare un foglio d’istruzioni in cinese che ovviamente quando compri qualcosa c’è solo quello e con quello devi fare.
Per tutti quei dubbi e quei problemi, quindi, ci può venire incontro il mezzo universale del fumetto.
Incredibile, no?!
Poi dicono che i fumetti non servono a niente.
Quale metodo di comunicazione migliore e immediato per poter “vedere” una scrittura ignota, quasi aliena per molti (per me, ok).
È proprio un fumetto che mi ha fatto avvicinare alla scrittura cinese, quello di Stefano Misesti.
Trucchi, aneddoti, e storielle inventate (o forse no) per saper riconoscere a colpo d’occhio i logogrammi e saperli associare con molta fantasia ad azioni comuni, imparare la pronuncia e i diversi accenti e capire i ragionamenti abbinati all’uso di determinate parole.
Ma quindi questo fumetto può essere considerato un manuale per poter imparare il Cinese?
Sì e no.
Mi spiego.
Può sicuramente diradare le nebbie di dubbi su molte cose riguardanti questa lingua.
Può essere “studiato” e analizzato pagina per pagina per poter capire maggiormente tutto quello che l’autore riversa nelle sue pagine (che è tanta roba se letta con parsimonia e magari studiata davvero).
Ma non penso che l’intento dell’autore fosse quello. O meglio, la voglia di condividere la sua esperienza nell’avvicinamento al cinese c’è e si legge tutta.
Ed è fatto in una maniera molto intelligente, non volendo essere, appunto, un libro scolastico ma più un blocco appunti coi ragionamenti visivi di una persona che si sta avvicinando alla lingua e sfrutta tutto quello che ha per impararla nella maniera più semplice e divertente possibile.
E fa ridere, davvero.
Alcune spiegazioni sono geniali.
In definitiva, che io mi faccio prendere sempre dalle divagazioni: fumetto consigliato a tutti, indifferentemente. A chi vuole approcciarsi per la prima volta a una nuova lingua (e farlo col sorriso, più che con la fatica). Ma anche a chi vuole semplicemente leggersi un fumetto umoristico (e magari in conclusione capirà di aver imparato qualcosa).
E quindi, Alen, alla fine l’hai imparato il cinese?
Noooooooo!
Ma non avete letto all’inizio della recensione? Ho scritto in cinese, per caso?!
IL CINESE A FUMETTI
Edizioni NPE
Stefano Misesti
isbn: 978-88-88893-91-4
formato: 16,7×240 mm, brossurato a colori, 112 pp.
Acquista su: Amazon
© Alen Grana