Il 5 agosto di 50 anni fa (sgomento) veniva alla luce "Revolver" dei The Beatles, uno degli album più rivoluzionari del celebre gruppo inglese e di tutta la storia della musica mondiale.
Sul quartetto di Liverpool è stato già detto, scritto e persino inventato di tutto.
Per cui #noidicrunched ci chiediamo: c'è davvero ancora bisogno di scandagliare (proprio come in uno "yellow submarine") il mare verbale per trovare le parole più adatte ad elevare un album che già è diventato una costellazione musicale?
Secondo noi sì.
E non tanto per le innovazioni sonore presenti all'interno in un tempo in cui esisteva solo la sperimentazione dell' artigiano che si sporca le mani, e non il digitale. Non è nemmeno per le visioni futuristiche dei Beatles che fecero di Revolver un modello per i posteri eliminando completamente la linea spazio - temporale.
Ciò che rende necessario parlare di un disco di 5 decadi fa sono le "chicche da backstage" che da sole già rendono Revolver un dio dell'Olimpo.
Non tutti sanno, infatti, che la copertina dell'album venne disegnata da Klaus Voormann, amico tedesco del quartetto dal periodo di Amburgo, che unì collage e disegno in bianco e nero alle foto di Robert Whithaker creando una frattura con la psichedelia cromatica tipica degli anni '60 e del movimento hippie. (Illustrazione e musica. Che chicca per CrunchEd!)
E ancora: Prima della fine delle registrazioni in Abbey Road Studios, l'album avrebbe dovuto chiamarsi "Abacadabra". Solo dopo aver scoperto l'esistenza di un disco già con quel nome, venne scelto "Revolver" dietro consiglio di Paul McCartney.
E infine: la celebre "Eleonor Rigby" è la prima canzone di tutta la produzione dei Fab Four in cui il gruppo non suona nessuno strumento.
Sorpresi?
#noidicrunched sì, tanto.
Perchè i veri capolavori nascondono sempre meraviglie inaspettate. Come un libro dell'anima che alla decima lettura cela un nuovo messaggio. Per continuare la fascinazione ascoltiamo l'intero album qui: