Alziamoci in piedi e proclamiamo: disegnare non ha a che vedere con carta e matita.
Quest’ultimo periodo ha visto la fioritura supporti tecnologici e schermi sensibili al tocco, per cui risulta un concetto piuttosto ovvio. Ma ciò a cui mi riferisco ha un significato più ampio che mette radici nella nostra capacità di non considerare soltanto la superficie delle cose.
Disegnare significa esprimere attraverso un tratto, una linea. Il tratto può essere tracciato da qualsiasi cosa: inchiostro, grafite, pittura, pixel, martelli e scalpelli e, perché no, anche foto e oggetti di uso comune più o meno considerati appropriati allo scopo. Ciò a cui il disegno dà risalto è il contorno delle cose. E non sto parlando esclusivamente del disegno realistico, che è il più immediato al quale pensare e a cui adeguare questo discorso.
Il disegno “scrive” l’immagine, reale o immaginaria che sia. La pittura ne esprime i toni, i colori, le sfumature. La scultura le forme, i volumi. Ma se si riflette si nota che anche la pittura è capace di esprimere volume e il disegno può rendere ogni sfumatura di ombra e luce. I confini non sono mai inamovibili e definiti. Anzi, i confini sono una necessità esclusiva dell’espressione verbale. Le parole hanno confini. L’espressione visiva, tramite qualsiasi strumento, si può svolgere liberamente, senza alcun limite. Per questo è così bello disegnare, anche se le parole non sono sufficienti per descrivere ciò che in realtà si fa.
Finisce che ci si ritrova ad affilare aghi e srotolare fili per ricamare immagini su fogli di stoffa strappati a chissà quali lenzuola. E finisce pure che si inizi a ricamare in mezzo a bambine che hanno l’immaginazione e la prontezza e il desiderio di imparare quella che è solo l’ennesima, meravigliosa tecnica per esprimersi, al di là dell’immagine “tradizionale” e molto poco azzeccata che si ha del ricamo (per molti qualcosa di vecchio, superato e adatto solo ad un certo tipo di “personaggi”).
Il tutto in una libreria che è anche una biblioteca (che ha anche l’angolo bistrot logicamente) a misura di bambino prima di ogni altra cosa. Un mondo dove i libri e l’immaginazione vogliono essere a portata di mano. E siccome il disegno è la mia prima perfezionabile ma indiscutibile formula di comunicazione, si insinua in ogni cosa, con discreta prepotenza. E, a parte il mio personale bagaglio di limiti, è illimitato.
Le possibilità di espressione sono illimitate così come lo è il mondo che ognuno può creare semplicemente costruendolo, un’immagine alla volta, un punto filza dietro l’altro, una strofa, un paragrafo, una rima dopo l’altra.
(E se qualcuno propone percorsi accelerati di espressione tramite il linguaggio verbale ci terrei molto a saperlo, grazie. Potremmo tenerli al Giardino degli OrbiL tra un corso di inglese, serate di immersioni letterarie e angoli di ricamo).
© Ombretta Blasucci