Dopo anni di attesa è successo: ho visto il mio Personal Jesus dal vivo.
Finalmente ho assistito ad un concerto di Devendra Banhart ed è stato un momento davvero catartico.
Il terzo live delle quattro date italiane si è tenuto il 10 luglio nella suggestiva Villa Torlonia di San Mauro Pascoli (FC) in occasione della rassegna Acieloaperto.
Prima di lui, due musicisti che poi si sono rivelati essere membri della sua band per questo tour europeo: Rogov e H. Hawkline, un soggetto (nel senso più che buono del termine) del Galles. No, non inglese, proprio del Galles (ha tenuto a sottolinearlo, nonostante il suo stile british).
Alle 22.30 è salita sul palco, sorridendo e con passo leggero, questa figura magrissima vestita con camicia e pantaloni scuri. E subito è iniziata la magia: Devendra Banhart si è avvicinato al microfono intonando “Saturday Night”, il primo pezzo tratto dal suo ultimo disco “Ape in Pink Marble” (Nonesuch Records, 2016)
Con mio grande stupore, alla terza canzone mi sono resa conto di essere stata tutto il tempo con le mani giunte in preghiera.
Lui è come la sua musica: pazzo, carismatico, sopra le righe ma calmo, educato, dolce come una ballata fatta pizzicando le corde della chitarra; parla lentamente e con voce bassa. Sembra uno che non ha mai avuto fretta in vita sua, quasi quasi ti fa un po' incazzare quella calma incredibile che emana.
Ho detto “quasi quasi” però, ehi!
Essendo io persona un po’ agitata e ansiosa - dove “un po’” è un eufemismo - posso dire che trovo nella sua musica lo yang al mio yin? Va beh, lo dico.
Tra un pezzo e l'altro Devendra e i suoi musicisti ci hanno intrattenuti con battute e dialoghi davvero esilaranti.
Ad un certo punto il mio Personal Jesus ha chiesto se fra il pubblico ci fosse qualcuno che avesse mai scritto una canzone senza mai suonarla di fronte ad un pubblico.
“Sì!”, gli fa subito eco un ragazzo di Modena che, grazie al suo coraggio, ha così avuto la fortuna di essere invitato sul palco. Devendra gli ha poi dato la sua chitarra, lasciandogli la scena per quei pochi minuti che di certo quel ragazzo non dimenticherà mai.
Poi di nuovo Lui e le sue canzoni: “Jon Lends a Hand”, “Middle Names” e “Fancy Man” tratte dal suo ultimo album, alternate a brani dei dischi precedenti come l'acclamata “Baby”, “Mi Negrita”, “Never Seen Such Good Things” e, a richiesta del pubblico, “Brindo”.
È davvero un momento magico, un dono quando gli artisti si mettono a disposizione del pubblico e chiedono i brani che vorrebbero ascoltare..
Dita affusolate, braccia magrissime, Devendra quando non suona gesticola o resta fermo in posizioni quasi yoga, gamba sollevata in avanti in equilibrio sul palco. Questa sua personalità singolare, i modi di fare, queste movenze eccentriche lo rendono unico e rendono unica la sua musica e di conseguenza i suoi concerti.
Uno spettacolo intimo, anche se gremito di gente. Non troverete facilmente uno show simile con nessun altro artista.
La dolcezza psichedelica della serata si è conclusa verso la mezzanotte.
Luci spente, Devendra sparisce come per magia.
Grazie Personal Jesus, torna presto.
© Giorgia Bandi