+++++ di incoraggiamento
In una stanza ci sono un bolognese, un lussemburghese ed un americano.
No, non è l’inizio di una brutta barzelletta. Tranquilli, CrunchEd non ha iniziato a mordere il tubo catodico, potete mettere via le gomme da masticare tirate fuori per toglierci l’alito stantio à la Camera Cafè.
Bologna, Lussemburgo e Stati Uniti sono i luoghi della geografia dell’animo di Ohio Kid, giovane cantautore emiliano giunto con il disco"Everyone was sleeping as if the Universe were a mistake" alla sua seconda prova in studio.
No, non è l’inizio di una brutta barzelletta. Tranquilli, CrunchEd non ha iniziato a mordere il tubo catodico, potete mettere via le gomme da masticare tirate fuori per toglierci l’alito stantio à la Camera Cafè.
Bologna, Lussemburgo e Stati Uniti sono i luoghi della geografia dell’animo di Ohio Kid, giovane cantautore emiliano giunto con il disco"Everyone was sleeping as if the Universe were a mistake" alla sua seconda prova in studio.
I punti cardinali sono ben saldi nella vita e nella musica di Ohio Kid, le sei tracce che compongono il suo secondo EP rendono ancora più visibili i quattro alfieri della sua bussola, sottolineandoli con il rosso sangue dei polpastrelli delle dita scivolate troppo violentemente sulle corde della chitarra acustica per esorcizzare una storia d’amore finita in pezzi. L’ago della sua bussola, la forza comunicativa di Ohio Kid, punta dritto al nord, l’indie folk americano, gira vorticosamente per aggrapparsi ad est e ovest, il Lussemburgo come patria d’adozione, ma sempre con uno sguardo fisso verso il sud, Bologna, le sue radici anagrafiche e melodiche.
Brani come “The universe is a mistake” e la strumentale “Interlude (i will knock to every door to surprise you)” sono vere e proprie dichiarazioni d’amore dilatate al nu folk di Bon Iver e Sufjan Stevens. Ascolti “Atoms” e “Cattle” e ti ritrovi tra le sequoie sul sentiero del Pacific Coast Trail, con una cannocchiale in una mano e una manciata di sogni nell’altra per sentire l’odore della terra umida dopo la pioggia, chiedendoti quanto lontano possa guardare un uomo e se quello che stai ascoltando non è un disco di un giovane cantautore italiano ma di Micah P. Hinson, Fleet Foxes o del Badly Drawn Boy dei tempi di “It’s what i’m thinking part one: photographing snowflakes”.
Brani come “The universe is a mistake” e la strumentale “Interlude (i will knock to every door to surprise you)” sono vere e proprie dichiarazioni d’amore dilatate al nu folk di Bon Iver e Sufjan Stevens. Ascolti “Atoms” e “Cattle” e ti ritrovi tra le sequoie sul sentiero del Pacific Coast Trail, con una cannocchiale in una mano e una manciata di sogni nell’altra per sentire l’odore della terra umida dopo la pioggia, chiedendoti quanto lontano possa guardare un uomo e se quello che stai ascoltando non è un disco di un giovane cantautore italiano ma di Micah P. Hinson, Fleet Foxes o del Badly Drawn Boy dei tempi di “It’s what i’m thinking part one: photographing snowflakes”.
"Everyone was sleeping as if the Universe were a mistake" è una carezza ruvida e sporca data di chi a furia di lottare si è ferito le mani, da chi a furia di cadere si è coperto di polvere.
Ohio Kid ha i punti cardinali ben saldi, l’ago gira per attingere storie e suoni dai luoghi dell’anima. Il magnete, però, l’elemento che dovrebbe dare precisione alla bussola, difetta di qualche scheggia che rende meno accurata e pulita la direzione musicale e onirica.
Nonostante sia stato registrato in uno studio professionale come il Bonus Noise Recording Studio in Lussemburgo, il suono dell’album risulta eccessivamente riverberato e pesante all’ascolto, in contrasto non tanto con i mezzi dell’autoproduzione musicale, quanto con l’effetto sognante che si voleva dare ad un album che sa di terra e di quotidiano. Un po’ come una cattedrale che cerca di entrare all’interno di un monolocale.
Plug in ed effetti possono allungare i tempi di riverberazione di un suono per renderlo dilatato e “da LSD”, ma non devono dimenticarsi dell’intellegibilità del suono stesso, di quello delle altre sorgenti e della voce. Non è che riverbero uguale sogno, ergo se alzo il reverb, sogno più forte.
“Il troppo stroppia”, dice il saggio. Come nella vita un eccesso di LSD porta alla follia, così in musica un eccesso di riverbero e delay per tutte le fonti sonore porta allo straniamento, alla sovrapposizione di frequenze e sillabe del canto. Le parole pronunciate da Ohio Kid sono spesso incomprensibili, sommerse dal troppo effetto sulle chitarre mixate col volume troppo in alto rispetto al parlato. Ed è una fortuna che nel libretto ci siano i testi delle canzoni, o verrebbe completamente meno la comprensione del messaggio, delle storie di Ohio Kid. Non è un caso che la traccia più riuscita dell’album sia proprio “Interlude”, il brano strumentale in cui le chitarre non mangiano le voci ma cullano le suggestioni.
Ora, io non lo so mica se l’effetto finale super dilatato dell’album sia stato una scelta stilistica, un errore di mixing o di microfonaggio, il punto è che sognare, di base, è un atto semplice e istintivo. Se lo si carica di sovrastrutture, si perde di spontaneità.
Il disco di Ohio Kid ha un potenziale che esplode come un tramonto nel Grand Canyon, è ricco di belle canzoni e di buone idee ma assemblate in maniera sbilenca.
Come una passeggiata nei boschi con una bussola dal magnete scheggiato.
Album: Everyone was sleeping as if the Universe were a mistake
Artista: Ohio Kid
Tracce: 6
Etichetta discografica: Autoprodotto
Genere: Anti folk
Uscita: 21 novembre 2016
Produttore: Edwin Aldin
Artista: Ohio Kid
Tracce: 6
Etichetta discografica: Autoprodotto
Genere: Anti folk
Uscita: 21 novembre 2016
Produttore: Edwin Aldin
Brani migliori: Cattle, Interlude (i will knock to every door to surprise you)
Se ti piace ascolta anche: The Eels, Micah P. Hinson, Badly drawn boy
© Isabella Di Bartolomeo