I Wild Beasts e il Boy King che sconfisse i vampiri del pop

I Wild Beasts e il Boy King che sconfisse i vampiri del pop

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Da ascoltare quando: sei sulla pista commercial di una discoteca e, tra mille Miley Cyrus che twerkano, sfoderi mocassini e gli Ultravox in cuffia per sentirti oltraggioso come Kevin Bacon in Footloose.

Se c’è un sostantivo che più si adatta alla descrizione dei floreali anni ‘60, beh quello è sicuramente “ricerca”. Intellettuale, spirituale, sonora.
All’epoca, la lanterna ad incenso per scandagliare l’infinito del mondo acustico era il sintetizzatore, divenuto ben presto lo strumento-non strumento must have delle avanguardie musicali. Negli ultimi decenni, però, il synth si è espanso al punto di approdare in quei generi come il pop che, per nascita, di elettronico non hanno molto. Un approdo invadente dal suono di plastica, stucchevole e per nulla innovativo. Finto come una donna 70enne dal viso rifatto. Per esempio, io quando ascolto Laura Pausini, Gigi D’Alessio e Fedez penso sempre a Donatella Versace. La faccia delle loro canzoni è un po’ la stessa: dietro liceo, davanti museo. 
Con quel synth che come un bisturi cerca di dare freschezza all’arrangiamento, la loro musica risulta posticcia e ancora più vecchia.

Se l’influenza elettronica, però, non viene nascosta ma sbandierata nell’insieme di un progetto discografico (che non sia, per l’appunto, marcatamente electro o una sua diramazione), ecco che all’improvviso e per assurdo l’imitazione nel 2016 diventa convincente e la plastica risulta malleabile.
È il caso di Boy King, l’ultimo vibrante album dei Wild Beasts uscito il 5 luglio per Domino Records
Il quinto disco della band inglese che viene dall’indie rock è un omaggio in toto agli appariscenti e danzanti anni ’80, a partire proprio dalla facciata, dalla copertina: un androide scuro su sfondo rosso sfumato con il lettering simile ad un’insegna luminosa al neon di una discoteca nel 1985. Un po’ Daft Punk, un po’ “Purple Rain” di Prince e un po’ Footloose
Premi il tasto “play” e l’imitazione investigativa ti esplode in faccia da subito. Le iniziali “Big cat”, “Tough guy” e “Alpha Female” sembrano le tracce escluse da “Vienna” degli Ultravox del 1980 se il 1980 fosse oggi e l’album l’avesse prodotto l’allucinazione distorta di St. Vincent.
Nel singolo di lancio “Get my bang” la fascinazione stroboscopica si fa più sporca e le bestie selvatiche inglesi passano dallo status di Wild Beasts a quello Wild Boys grazie al falsetto di Hayden Thorpe dagli echi alla Simon Le Bon. “I wanna feel outrageous. That’s how i get my bang (we’re making mega fauna)”, perfetta per un party in barca a vela vissuto ubriachi a cavalcioni sulla prua (guardare il video di “Rio” dei Duran Duran per farsi un’idea).

Ecco però che da metà album il “re ragazzo” cambia registro, fa un salto dalla nave al sole e si tuffa nelle strade fumose di Londra per calarsi in un tombino che lo condurrà nel set di “Beat it” e “Thriller” di Micheal Jackson.
2BU” e “Eat your heart Adonis” sono una lotta con i mocassini contro un esercito di vampiri pop affamati di synth che cerca di raggiungerti mentre tu provi ad asciugarti il sudore sulla fascetta di spugna sulla fronte. Hayden corre, sente la punta dei canini sul collo, si strattona il chiodo con il dragone sulla schiena e si prepara allo scontro sfoderando brani cupi alla Editors e White Lies
In Boy King corri, lotti, lanci paletti acuminati ma niente. Poi arrivi alla fine del cd e finalmente ti ricordi di quell’unica cosa che l’orgia di film horror ti ha insegnato (oltre a non andare MAI da sola nel bosco): i vampiri temono la luce. I Wild Beasts sono dei mastri luciai al neon, l’abbiamo capito, e nella bonus trackBoy king trash” aumentano il voltaggio per 20 minuti per distruggere i succhiasangue e illuminarci sulla strada che hanno fatto per arrivare alla costruzione dell’album. 

Una strada piena di suoni acustici, in realtà, proprio perché le canzoni nascono sempre prima da strumenti “veri” e il sintetizzatore nel 2016 può essere ancora un mezzo, una luce nella ricerca e non un bisturi in un’operazione di chirurgia estetica.

Artista: Wild Beasts
Album: Boy King
Etichetta: Domino Records
Anno: 2016
Disco: 1
Tracce: 11
Genere: synth rock
Produttore: John Congleton

Le canzoni must hear: He the Colossus, Eat your heart Adonis, Tough guy, Get my bang

Se ti piacciono i Wild Beasts ascolta anche: WhoMadeWho, Editors, Depeche Mode, Ultravox, St. Vincent

© Isabella Di Bartolomeo

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