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Sono sempre stata una fan dei dettagli, dei mondi sommersi che si nascondono dietro la gestualità istintiva e le scelte consapevoli di varia natura che caratterizzano un individuo. Potrei rimanere ore a fissare un sorriso dato dalla timidezza e la sua ritualità inconscia nel ripetersi dell’imbarazzo, il modo frettoloso di muovere le mani, così in sincrono con il flusso veloce dei pensieri, una camminata dinoccolata e lenta di chi non sa dove andare o non ha fretta di arrivare. Fissare un orecchino, un elenco puntato su un foglio scarabocchiato o una piccola finestra nell’illustrazione di una città mi ha sempre donato quello stesso brivido che si prova aprendo per la prima volta un libro con la curiosità di immergersi tra le righe. Non credo sia solo per una mia morbosità nel capire i motivi dietro le cose, quanto per il fatto che per me notare un dettaglio vuol dire costruire un filo invisibile tra me e quella persona, stabilire un rapporto che sia nostro e soltanto nostro.
Poi, che tutto ciò rimanga nella mia testa e sia illusorio perché nel 90% dei casi lo stesso particolare lo notiamo in dieci, è un dettaglio. Un altro.
Negli anni questa ossessione ha contaminato anche e soprattutto il mondo della musica, insinuando domande sulla scelta di un arrangiamento alla “perché quel fuzz e non un overdrive?” o un violino vero e non un sequencer, fino a portarmi ad esplorare le biografie degli artisti con cappello e frusta/mouse da Indiana Jones del web per capire cosa facessero una volta scesi dal palco.
La risposta mi è stata chiara sin da subito: continuano a suonare.
I side project dei cantanti o dei membri di un gruppo sono migliaia, talmente tanti che se iniziassi ad elencarli staremmo qua fino a Natale. Una lista lunghissima e in continuo aggiornamento, come la mia curiosità. Così, quando mi è capitato tra le mani “S/T”, il nuovo disco degli Omosumo in uscita l’11 novembre per Malintenti Dischi, la mia fame di dettagli ha avuto nuovo cibo da mordere.
Il motivo è molto semplice: Dimartino (al secolo, Antonio Di Martino).
Chi mi conosce sa quanto sia legata personalmente al cantante siciliano (per il filo di cui sopra) e l’impatto che ha avuto nella mia vita il suo disco “Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile” del 2013 (che, per composizione e messaggio, meriterebbe un capitolo a parte). Vederlo come bassista degli Omosumo, svestito dei panni cantautoriali e immerso in un progetto corale elettronico, è stata una specie di rivelazione, un rinforzo del filo che mi lega a lui. Non che nei suoi live Dimartino non suonasse il basso, anzi. Solo che il sapore, il colore del suo strumento era tipicamente giallo/arancio della Sicilia e quanto di più lontano dalle atmosfere psichedeliche da club londinese.
Foto di Manuela Di Pisa
Perché di elettronica e progressive internazionali si deve parlare quando si ascolta “S/T” degli Omosumo, nonostante la terra d’origine di Di Martino, Angelo Sicurella e Roberto Cammarata sia la solare Sicilia.
I beat electro e le influenze progressive la fanno da padrone per tutto l’album, trasportando l’ascoltatore in un viaggio sonoro e mentale fino all’Inghilterra anni ’60 e la Berlino dell’ultimo decennio. Basta ascoltare brani come “Forse no”, e “Sui tramonti di Seth” per capire quanto gli Omosumo abbiano smanettato con la drum machine per sfruttarne tutte le potenzialità e quanto abbiano assorbito dei maggiori festival di musica elettronica del nostro Paese a cui hanno partecipato negli anni (su tutti, lo Spring Attitude del 2015).
Con "S/T", però, i Nostri fanno un passo indietro rispetto alla magniloquenza dub ed electro del precedente album “Surfin’ Gaza” del 2014, lasciano la dimensione della dancefloor internazionale per approdare nelle atmosfere più raccolte ed intime della sperimentazione da club. La totalità dell’italiano nei testi di questo ultimo disco rispetto ai precedenti, così come i 7 mesi trascorsi nei casolari di campagna per registrarlo, ne sono un chiaro esempio.
Discorso a parte merita “Un po’ di te”, sicuramente il brano più riuscito di tutto il disco. Avete presente il momento in cui incrociate lo sguardo della persona che vi piace?
Bene, “Un po’ di te” riesce a descrivere perfettamente l’eternità del tremore di quell’attimo.
Fender Rhodes, loop ossessivo e ipnotico, “Noi ce ne andremo/ con le bocche/ verso il cielo…/Hai un po’ di me/un po’ di te…/ Proveremo a nasconderci/ dentro i boschi/ nei ghiacciai” e il tempo si ferma. Entri nel Suo iride per lasciare fuori il mondo degli altri e trovare un luogo vostro in cui possiate riconoscervi, ti nascondi tra le sue ciglia, poi chiudi gli occhi e inspiri per fermare quel momento e respirarlo.
“S/T” è un disco potente come gli sguardi che si cercano e dicono più di mille parole che non si possono pronunciare, come un dettaglio che caratterizza, come il filo che lega gli Omosumo al mare della Sicilia, me a Dimartino.
Artista: Omosumo
Album: S/T
Etichetta: Malintenti Dischi
Tracce: 9
Data di uscita: 11 novembre 2016
Genere: Electrorock, Rock psichedelico, Psycho electro
Le canzoni da ascoltare: “Un po’ di te”, “Sei rintocchi di campane”, “Sui tramonti di Seth”
Se ti piacciono gli Omosumo ascolta anche: Verdena, Drink to me, Boards of Canada, Notwist
© Isabella Di Bartolomeo