“Mamma guardami.”
Quello che sto facendo, non lo sto facendo per te ma voglio la tua approvazione.
Ne ho bisogno.
Lo dicono i giornali.
Lo dice la gente in televisione. Nei programmi dove ognuno può riversare tutto l’odio che ha dentro e prendere applausi per essere se stessa.
Mamma guardali. Tu approveresti?
Dicono che non siamo più liberi, che ci rubano il lavoro, ci rubano la libertà e il posto dove stiamo.
Che questa terra non sarà più nostra e non riconosceremo più il nostro vicino.
Io ricordo i nostri vicini, ricordo il mondo che era un tempo, dove tutti sorridevano e le porte di casa rimanevano aperte per poter fare entrare, sempre, gli amici.
Tutti erano amici di tutti.
Ora non lo so più.
Loro lo dicono sui telefonini, urlano frasi in maiuscolo dicendo che dobbiamo svegliarci e che dobbiamo combattere per i nostri diritti.
Ho pensato che fosse giusto così: combattere.
Il fucile del babbo, quello con cui aveva preso quei conigli che avevi cucinato e fatto mangiare a tutti i vicini. Lui combatteva contro i conigli e contro gli animali. Tu approvavi.
Sono uscito, freddo alle dita dei piedi. Forse ho dimenticato di mettere le scarpe, ma non è importante. Molti di loro fanno sempre così, no?!
Il giubbotto quello sì, serve per nascondere la mia verità.
In quel posto ci sono tutti, entrano e rubano senza che le cassiere possano fare o dire niente. Perché sono loro i padroni del nostro paese, no?! Dicono così. Lo dicono tutti quelli che urlano e sputano sulla folla che i telegiornali non riesce nemmeno a contare.
Entro. Apro il giubbotto. E faccio come loro: urlo.
Mi fermo solamente quando attorno a me è tutto rosso.
E non solo sui miei occhi, su tutto: a terra, sui muri, su quel sacchetto di pasta che sta riversando le mezze penne al suolo e che a breve smetterà di farlo.
Anche le grida sono rosse, mi accendono una scintilla dentro che non riesco ancora a spegnere.
Lo voglio davvero? Voglio davvero che si spenga? Non lo so.
Sento il fucile cadere al mio fianco, la canna mi tocca una gamba. L’ho lasciato scivolare io, perché quel rosso si è trasformato in tutti i colori del mondo.
Mamma guardami.
Guardami e guarda quello che ho fatto.
Mi hanno detto loro di farlo, che è giusto così.
Un sussurro, non lo riconosco, anche se è fuoriuscito dalle mie labbra.
Lo dico di nuovo, senza paura, senza vergogna.
“Volevo… volevo solo fare del bene. Ma, forse, ho fatto peggio.”
© Alen Grana
Racconto 05 | Contest Racconta la Musica 012017 | Volevo Fare Bene