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“Devo essere all'inferno”.
È così che inizia "Mindhunter", libro scritto da John Douglas e Mark Olshaker nel 1995.
"Mindhunter" non è solo una recente serie tv, ma è stato prima un libro e prima ancora di essere 300 pagine di memorie e testimonianze o un programma televisivo è un insieme di emozioni e vite vissute, vere, sul campo, «all'inferno».
Sicuramente avrete visto almeno una puntata di Criminal Minds; se non l'avete fatto dovete sapere che un settore dell'FBI si chiama BAU, ovvero Behavioural Analysis Unit, formato da gruppo di esperti e si occupa dell'analisi comportamentale dei serial killer e dei conseguenti omicidi seriali.
John Douglas ha studiato Psicologia ed è diventato il maggior esperto mondiale di analisi della mente criminale, è inoltre coautore di alcuni testi base di criminologia che riguardano gli omicidi a sfondo sessuale e la classificazione dei delitti.
Mark Olshaker è scrittore di thriller e autore di film e documentari. Ha passato molto tempo insieme agli agenti dell'FBI che si occupano della mente criminale e della psicologia che ci sta dietro.
Il libro parla proprio della nascita della BAU che non è quindi sempre esistita, ma è stata creata col sudore e l'impegno di uomini e donne attraverso un vero e proprio viaggio all'interno di un mondo parallelo fatto di orrori, di mostruosità, di crudeltà perpetrate da persone vere, con una mente potenzialmente classificabile e, quindi, soggetti a falli ed errori.
John Douglas si è addentrato per primo in questo inferno della mente umana e noi lo vogliamo ricordare per questo.
Copertina rigida: 380 pagine
Editore: Longanesi (23 febbraio 2017)
Collana: Il Cammeo
Lingua: Italiano
Compra su: Amazon
Da libro ormai, quasi dimenticato, Mindhunter è diventato una serie tv ora disponibile su Netflix.
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Lo stile della serie tv è lontano da tutto ciò che potremmo avere in mente: non è Hannibal perché non c’è una singola mente malata ma affascinante a catalizzare l’attenzione, non è Criminal Minds perché le tecniche utilizzate per scavare a fondo nei processi mentali dei serial killer sono ancora in fase di sviluppo e sperimentazione (lo stesso termine serial killer verrà coniato proprio in questa fase) non è True Detective (anche se le atmosfere un po’ lo ricordano) ma gli investigatori non sono così carismatici… Insomma, Mindhunter è qualcosa a cui non siamo abituati, e forse è proprio per questo che ha colpito nel segno.
La serie è diretta da David Fincher, già regista di film disturbanti come "Fight club", "Seven", "Gone girl" e "Zodiac", nei quali aveva ampiamente dimostrato di essere in grado di analizzare le menti disturbate e di trasmettere quell’angoscia che non ti lascia dormire, che ti fa porre numerose domande; e senza quelle domande probabilmente molti dei meccanismi psichici alla base degli omicidi cosiddetti “seriali”, cose che adesso non oseremmo mai mettere in discussione come il feticismo o il disturbo dissociativo, non sarebbero mai stati scoperti ed analizzati, fino a creare un vero e proprio database grazie al quale i membri della BAU possono catturare gli assassini. La serie mescola insieme il genere poliziesco con il procedurale, è ambientata nel 1977 e ripercorre le orme del detective Holden Ford che, affiancato dal collega Bill Tench, il classico “poliziotto cattivo” ed irreprensibile, si lancia a capofitto della sua missione: entrare nella mente degli assassini. E per farlo deve affrontare i mostri faccia a faccia.
La serie segue tre linee parallele di narrazione: la principale vede i due protagonisti spostarsi di città in città per incontrare pericolosi serial killer, per carpirne i processi mentali, in lunghe scene di immobilità e dialoghi in cui gli attori danno sfoggio di tutta la loro bravura; la seconda linea narrativa vede i due coinvolti in diversi casi di omicidio nei quali vengono coinvolti, che cercano di risolvere utilizzando proprio le tecniche interrogatorie che stanno imparando ad utilizzare (e che si rivelano vincenti); infine una linea narrativa che sicuramente servirà a legare le stagioni tra di loro è data da un’oscura figura che vediamo evolversi nei pochi minuti che precedono e chiudono le puntate: il serial killer.
Quindi, in conclusione, cosa fare, da dove cominciare. Leggere il libro? Guardare la serie? Fare il contrario? Fare entrambi? E in tal caso, seguendo quale ordine?
La risposta è: non lo sa nessuno. C’è chi apprezzerà di più la serie, chi il libro, chi entrambi, tanto lo sappiamo bene che uno non sarà mai l’esatta copia dell’altro. Il libro sarà per forza più autentico, ma più lento, la serie più mozzafiato, ma adattata. Insomma, il nostro consiglio è di dare uno, anzi due, anzi cinque morsi a entrambi e avere un’esperienza a 360 gradi.
Poi deciderete voi, se regalarci dei biscotti o prenderci a mazzate.
(c) Christina Bassi | Elisabetta Marini