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È originale, vivace, brutale e vi prego di non farlo vedere ai bambini, perché questo film non parla al loro cuore puro, ma a quello arrugginito degli adulti e a quello dei ragazzi, affinché imparino a costruire un futuro ragionando con la propria testa.
Non fatevi imbrogliare dal titolo innocente, quasi da vacanza spensierata: "L'Isola dei cani" non è un semplice film in stop-motion ovvero con personaggi gommosi che si muovono in maniera buffa; ha un suo andamento, un carattere, un'anima che va capita e rispettata. Nel corso della storia accadono cose cruente e molto cattive, per ricordare che l'uomo è capace di tutto e dovrebbe diventare più buono. Forse per essere migliori si dovrebbe avere un minimo della lealtà dei cani, che ne dite voi?
Ci troviamo in Giappone. Dopo infinite lotte tra coloro che venerano i gatti e i cani, questi ultimi stanno per soccombere ma vengono salvati da un eroe. Tuttavia per prosperare devono accettare un ruolo da sottomessi, come compagni di vita, talvolta addestrati, talvolta maltrattati ma ciò che importa è che i cani ci sono ancora e sono in molte famiglie.
Nel 2037 però, si diffonde una strana malattia, detta Tartufo febbrile che porta sintomi molto gravi nei cani e può scavalcare la barriera tra le specie e infettare addirittura l'uomo. Il sindaco della città di Megasaki prende una decisione forte ma nel contempo necessaria: ordina di portare via questi animali e abbandonarli tutti su una grande isola/discarica. Eppure un ragazzino non ci sta. Egli non accetta questa regola per lui stupida e va a riprendersi il suo cane.
Molte sono le voci rubate alle star per la realizzazione di questo capolavoro. Abbiamo nomi come Bryan Cranston, Tilda Swinton, Edward Norton, Scarlett Johansson fino addirittura giungere a Yōko Ono. C'è stato un gran lavoro dietro la stop motion, tecnica in cui il movimento viene realizzato fotogramma per fotogramma, sia per quanto riguarda i personaggi dei cani che per quelli umani, le cui facce sono state modellate più volte per rendere l'idea dei cambi di espressione. Il tipico effetto scattante della stop motion non viene reso più fluido, anzi è accentuato: ci sono personaggi che sembrano bloccarsi bruscamente mentre altri si muovono in alternanza. I movimenti così grotteschi accrescono il senso di ansia e di “pericolo” che si percepisce durante l'intero arco narrativo, in più aggiungono quel giusto tocco di ridicolo che in un certo senso sdrammatizza una narrazione molto seria, priva di battute, scarna e crudele. Cani e persone vengono caratterizzati in maniera essenziale ma chiara. Sono presenti delle digressioni ma sono approfondimenti ben precisi e mirati a mostrare qualcosa allo spettatore. Come un ingranaggio è tutto profondamente pulito, collegato e necessario per giungere allo scopo ultimo, non si lascia nulla al caso.
C'è una domanda che frulla insistentemente nella testa dello spettatore e a un certo punto viene esplicitata: “Chi vogliamo essere?” Passiamo troppo tempo nella nostra vita a pensare alle cose futili e poco a ciò che è davvero necessario. L'Isola dei cani è un film stupefacente ma fastidioso che batte dove il dente duole: gli esseri umani hanno sempre soluzioni estreme per ogni problema semplice. Eppure riflettete un attimo: se noi tutti dovessimo ammalarci, i nostri cani ci porterebbero davvero in una zona di quarantena piena di rottami a morire di stenti?
Strano come gli animali talvolta possano dimostrare più senso dell'onore degli esseri umani. Meditate gente, meditate!
© Federica Forlini