Il countdown è finito! Oggi è il giorno delle streghe e siamo all’ultimo appuntamento di questi incontri Halloweeniani settimanali. Visto che il meglio arriva sempre alla fine voglio salutarvi col botto: è tempo di musical! Oggi si parla del Rocky Horror Picture Show
Film del 1975 tratto dal musical teatrale Rocky Horror Show creato da Richard O’Brien e diretto da Jim Sharman, forse il più cult tra tutti i film cult mai realizzati nella storia del cinema, ma in fondo parliamo di un film di SOLI quarantacinque anni fa, robetta insomma.
Già da questa introduzione penso si percepisca la vaghissima idolatria che provo per questo film, dunque preparatevi perché la recensione non sarà breve, ma facciamo un passo per volta.
La storia vede inizialmente due protagonisti, Brad e Janet, rispettivamente Barry Bostwick e Susan Sarandon, due ragazzi borghesi e dai costumi conservatori che durante il matrimonio di due loro amici decidono di fidanzarsi. Il film è appena all’inizio e già nulla viene lasciato al caso, dunque cominciano a presentarsi i primi espedienti che preannunciano il capolavoro che è il RHPS, primo fra tutti la proposta di matrimonio che viene fatta all’interno di un cimitero come a dire il matrimonio è la tomba dell’amore, e tutta l’infinita serie di qualunquismi nei quali “inciampano” i protagonisti rivelando la loro natura di “ borghesucci mediocri” (tipo Janet che appena vede l’anello riesce a dire solo che è più bello di quello di Betty, la ragazza che si è appena sposata).
I ragazzi decidono così di andare dal Dr Scott, loro amico e vecchio insegnante, per comunicargli la lieta novella ma durante il tragitto, nel bel mezzo di una tempesta (e naturalmente della notte) forano una gomma e finiscono per seguire una luce o meglio una “guiding star” fino all’unica abitazione del circondario, un vero e proprio castello gotico da film dell’orrore.
Qui, vengono invitati ad entrare dal losco servitore Riff Raff, lo stesso O’Brien, che li introduce all’interno di un salone in cui è in atto la festa di ritrovo dei Transilvaniani, che cantano e ballano il Time Warp, una sorta di “punto di non ritorno” che, prestando attenzione sia al testo che ai passi del ballo di questa canzone (But it's the pelvic thrust That really drives you insane), lascia ben poco all’immaginazione, rendendo evidente la natura estremamente libera di tutto il film.
È a questo punto che compare il vero protagonista di tutto il film (e il motivo per cui sono destinata a rimanere single tutta la vita), l’uomo la cui traboccante sensualità nell’accavallare le gambe farebbe vacillare anche il più saldo degli uomini etero, signore e signori Tim Curry nei panni del dottor Frank-n-Furter, in corsetto paillettato, reggicalze e tacco dodici.
Carismatico, femminile, primadonna, provocatorio, un uomo dalla virilità prorompente che si definisce solo un “dolce travestito proveniente dal pianeta Transexual nella galassia di Transilvania” e che fa irrimediabilmente crollare tutti ai suoi piedi.
Si da il caso che Frank-n-Furter sia anche uno scienziato, una sorta di parodia del dottor Frankenstein e che come lui, sia casualmente riuscito a creare la vita, così invita i ragazzi a vedere questa nuova e meravigliosa creatura, parodia a sua volta di quegli uomini estremamente virili da film d’azione e in questo caso nient’altro è che un oggetto nelle mani del dottore.
Cercando di riassumere velocemente il film, il dottore finirà per unirsi nel talamo nunziale col suo nuovo “giocattolo”, e poi non contento inizierà alla vita sessuale prima Janet e poi Bred e questo causerà una serie di reazioni a catena che renderanno il nostro dottore del cuore sempre più instabile fino allo spettacolo finale.
Non voglio svelare troppo, questo è un film che va visto, senza se e senza ma.
Perché lo amo? La pienezza. Questo film ha talmente tanti generi dentro da non poter essere definito, ha dell’horror splatter, della commedia, della tragedia persino della fantascienza.
Poi? Le musiche! Una colonna sonora composta da pezzi uno più bello dell’altro e che fanno spesso affidamento anche sulle incredibili doti canore di Tim Curry, ditemi voi se non è l’uomo perfetto.
Ancora? Lo spessore dei personaggi, la loro umanità, la loro volubilità e credibilità nonostante un’ambientazione davvero folle, soprattutto quella di Franck-n-Furter, la sua natura da irrimediabile diva pronta a impazzire appena gli si ruba la scena.
Ma la cosa che davvero adoro e la libertà di espressione che cela un film del genere, un uomo in calze a rete che è fatto per amare chiunque a dispetto di sesso, razza e pianeta di provenienza. Un uomo che professa un senso di libertà di espressione e di amore del genere dal 1975 e che è sconvolgente e stupefacente oggi come allora, a quarantacinque anni di distanza.
Che altro dire? Solo una frase.
DON’T DREAM IT, BE IT!
© Nadia Caruso