Architetto e fotografo, Martino Pietropoli non ha problemi a degustare qualsivoglia forma d’arte.
Per questo con CrunchEd si intende benissimo. Non si fa mancare lauti pasti di ironiche illustrazioni e sostanziose portate di musica. E fortunatamente le condivide con tutti noi, le prime su instagram, le seconde su Runlovers, portale di corsa a cui accordiamo il nostro amore da diversi anni, perché anche correre può diventare arte, specie se le playlist stilate da Martino accompagnano nel faticoso processo.
Ciao Martino e benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Ho iniziato circa 2 anni fa. Come molte altre volte nella mia vita è successo quasi senza che me ne accorgessi che qualcosa che mi era estraneo mi ha improvvisamente interessato: a correre, a fotografare, a scrivere. Mi sono sempre considerato incapace di farlo pur essendo architetto. Ho sempre usato il computer per disegnare e fare qualcosa "a mano" era distante dal mio modo di fare. Poi improvvisamente ho iniziato a disegnare. Devo moltissimo - quasi tutto direi - agli incoraggiamenti di Maghetta che mi ha sempre rassicurato e detto di continuare e di insistere. Lei mi ha "scoperto" e ha sempre avuto la parola giusta al momento giusto.
Ti va di spiegarci cosa ti ha portato a scegliere questa citazione da illustrare?
La risposta è il senso che diamo alla frase "La vita non è quello che ti capita ma come lo affronti". Credo che tutti noi siamo il risultato di come affrontiamo le cose che ci capitano più che delle cose in sé. Credo che sia un atteggiamento positivo da avere nei confronti della vita perché significa che quello che sei e come vivi la tua vita è il risultato delle tue azioni e che queste non sono sopraffatte da ciò che ti succede. Non è la vita che ci plasma ma è come la affrontiamo che decide come siamo. Questo significa anche essere più responsabili e attivi nell'affrontarla e porta a non addebitare i nostri fallimenti ad altri o alle circostanze e a godere ancora di più dei nostri successi, piccoli o grandi. Significa dire "Tutto dipende da me", alla fine.
Il disegno è un'interpretazione ironica di questo atteggiamento: il gigante è quello che dovremmo essere ma è gigantesco, sembra impossibile da scalare. Non lo vediamo nemmeno tutto perché passiamo la vita a sentirci dire "Sii te stesso" ma la verità è che probabilmente non sapremo mai cosa dobbiamo essere. Forse sappiamo solo e nemmeno del tutto cosa siamo oggi. Domani, chissà.
C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Mi confesso: del mondo dei fumetti e della grafica conosco pochissimi nomi. Sono pigro e mi spiace. Però ci sono illustratori e graphic designer che amo moltissimo. Nell'illustrazione sicuramente Christpher Niemann, Malika Favre, Joan Cornellà, Jean Jullien, la bravissima Liana Finck, Studio Muti, Emiliano Ponzi, Guy Delisle (grazie ancora a Maghetta che me l'ha fatto conoscere!), Igor Tuveri, il grandissimo Gipi. Me ne starò dimenticando di certo tanti e mi spiace.
Una scorpacciata dei tuoi disegni, oltre a scendere giù per gli occhi senza alcuna difficoltà, lascia ridacchianti e sogghignanti per diverso tempo, in alcuni casi permette anche loop su giochi di parole e anche riflessioni non evidenti ad un’occhiata superficiale. Inoltre il The Fluxus produce con costanza e senza esitazioni questi manicaretti. Come funziona questa appetitosa catena di montaggio? Dalla nascita dell’idea al consumatore, vogliamo conoscere tutto il percorso.
Grazie, davvero! I disegni che faccio ogni giorno per The Fluxus sono nati come forma di disciplina che mi sono dato quando ho iniziato a disegnare. Siccome mi rendevo conto che mi faceva bene farlo, ho voluto impormelo. Ogni giorno, tutti i giorni. Più volte al giorno se capita e se sono ispirato. Inizialmente mi ispiravo alle vignette del New Yorker e infatti nell'impostazione (non nella qualità ahimè) le ricordano molto e volutamente perché sono degli omaggi a quella stupenda rivista. Poi col tempo mi sono appassionato a diverse tecniche e non è detto che ogni giorno io riesca a far ridere o far riflettere. Il fatto di disegnare sempre comporta che a volte non abbia niente di divertente da dire e allora faccio una qualche composizione astratta o disegno semplicemente quello che ho di fronte.
Generalmente le idee mi vengono camminando e guardandomi in giro, osservando le persone, esagerando dei controsensi, individuando dei cortocircuiti fra parola e immagine. Altre volte infine sono idee che nascono parlando con i miei figli. A loro devo la riscoperta della mia creatività che pensavo morta e sepolta. Loro mi hanno inconsapevolmente insegnato a riguardare il mondo in modo da cogliere ciò che sta sotto l'apparenza, a vedere la realtà ma anche ciò a cui assomiglia. È un modo molto divertente di guardare alle cose, è come indossare degli occhiali magici. Quindi durante il giorno mentre cammino osservo e annoto sull'iPhone quello che mi inspira e poi di notte disegno. Lo faccio sempre come ultima cosa ogni giorno.
"Nulla dies sine linea" diceva Plinio il Vecchio. Un giorno senza disegnare è un giorno sprecato. Quindi finito tutto il resto, quando tutti dormono e c'è silenzio, io disegno. Ho un'idea in mente e devo decidere come renderla e soprattutto con quale tecnica. Usarne di diverse mi piace tantissimo. A volte ci vuole l'immediatezza del segno della china, altre volte la pienezza dell'acquerello, altri ancora la pazienza e il tempo dell'olio. In quasi tutti i casi parliamo comunque di scelte "digitali" quindi abbastanza semplici e veloci da fare, anche se l'esecuzione poi è comunque più o meno certosina a seconda della tecnica. Ammetto di non essere maniacale però nella tecnica. Non voglio che si guardino i miei disegni per la tecnica (anche perché sono abbastanza scarso in merito) ma per l'idea e per il fatto che riescono o meno a comunicarne una.
Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
Ne ascolto tantissima, davvero. Direi che almeno 7/8 ore al giorno le passo ascoltando musica. Sia quando disegno (come architetto o come illustratore, anche se mi fa sorridere e mi fa sentire un impostore definirmi tale) che quando scrivo. A seconda delle ore del giorno scelgo generi diversi ma ascolto di tutto: jazz, classica, rock, elettronica, pop, hip hop, tantissime cose. La musica è la miglior droga, sempre. Ed è legale!
Non so esattamente se l'ho mai rappresentata nei miei disegni. Anzi sì: a volte appare, come in una vignetta in cui illustravo le percentuali di possibilità di conquistare qualche fan di una band rock in funzione delle strumento che suonavano i singoli membri oppure nel pianista che ho disegnato oggi che si trova di fronte a un pianoforte con una tastiera lunghissima, come una interminabile settimana (infatti si chiama "Monday's like"). Naturalmente è quasi impossibile suscitare la musica in un disegno ma come metafora spesso funziona bene perché è un linguaggio universale e quando disegni il rapporto fra un musicista e il suo strumento chiunque ci si può identificare o almeno sorriderne o capire di cosa si parla.  
Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando? Mi piacerebbe moltissimo fare un libro. Non una raccolta di miei lavori già fatti (ne ho fatto uno breve tempo fa perché volevo avere una specie di portfolio o anche farne dono a qualcuno e poi volevo vederli stampati finalmente su carta) ma penso a un libro concepito interamente come qualcosa di nuovo. Non ho idea su cosa ancora. Il bello di questa avventura è che non so mai cosa mi aspetta e cosa mi inventerò oggi (o scoprirò, anzi). Nel concreto mi piace vedere The Fluxus crescere e farsi conoscere. Lentamente vedo che viene apprezzato e mi fa piacere. Forse chi lo vede per la prima volta lo può trovare poco coerente perché non ho uno stile ben definito. Non sono uno che disegna sempre a matita o con l'acquerello.
Ogni cosa che voglio dire ha un tono di voce diverso e richiede una tecnica diversa. Mi spiace se la cosa confonde ma il mo cervello funziona così. Essere creativi per me significa non dire mai la stessa cosa, provarne sempre di nuove. Mi piace pensare che chi guarda i miei disegni ogni giorno non sappia mai cosa aspettarsi. È così anche per me: non so mai cosa aspettarmi da me stesso, non so cosa mi inventerò oggi. E va benissimo così. Grazie a voi per il vostro interesse e tanti complimenti per il vostro lavoro :)
Grazie Martino e in bocca al lupo per tutto.
The Fluxus