#crunch75 | Giovanni Esposito | Quasirosso

#crunch75 | Giovanni Esposito | Quasirosso

"Don't spend time beating on a wall, hoping to transform it into a door." Coco Chanel

Giovanni Esposito è l'artista che questa settimana ci ha dedicato un po' del suo tempo. Parla di sé volentieri e in maniera chiara e lucida: un piccolo contrasto con i sui lavori che sembrano appartenere ad un mondo parallelo, una sorta di realtà concreta ma trasparente ed impalpabile allo stesso tempo.

Ciao Giovanni, benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie  e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo? 
Ciao, grazie a voi. Credo di aver iniziato a fare i primi disegni da piccolissimo, come tutti, e non mi son più fermato. Non so esattamente cosa mi abbia spinto a disegnare, però ho preso consapevolezza che potesse diventare un lavoro molto tardi, prima di allora il disegno per me è sempre stato un modo di comunicare esattamente come lo sono le parole o i gesti. Questa cosa non è cambiata poi tanto: ancora oggi spesso preferisco disegnare, anziché parlare.

I tuoi lavori urlano un grande amore per l’illustrazione in tutte le sue tecniche, dal disegno a matita all’acquerello ma anche con lo smartphone. Qual è lo stile che preferisci e che pensi ti rappresenti meglio? Con che strumenti lavori di solito?
Illustrare vuol dire raccontare, ed ogni racconto ha esigenze diverse anche dal punto di vista pratico, quindi ho sempre cercato di non fossilizzarmi su di una singola tecnica proprio per sentirmi libero di passare da un pastello etereo ad una pittura pesantissima fino ad arrivare, come sottolineavi, allo schermo dello smartphone. Se dovessi scegliere però una tecnica con la quale mi sento più a mio agio andrei senza dubbio sull’acquerello: c’è una componente di totale casualità come l’acqua, che è imprevedibile, trascina il colore un po’ dove vuole e si ha un basso margine di controllo. Quindi c’è bisogno di una buona dose di fiducia.



In alcuni tuoi disegni traspaiono evidenti riferimenti a Egon Schiele o a Klimt per colori e per tratti. Cosa ti ispira e come sei arrivato a questo tuo stile?
Ho sempre un brivido quando sento la parola stile: l’idea di sentirmi ingabbiato in un certo modo di fare, mi terrorizza. Ovviamente ho anche io dei punti fissi esteticamente parlando, ma per lo più cerco di cambiare e provare diverse soluzioni. In genere mi lascio ispirare dal mondo, da ciò che vedo nel quotidiano. Anche illustrazioni che sembrano “fantastiche” in realtà partono da spunti reali. Ho sempre creduto che possa esserci grazia e bellezza praticamente ovunque, nelle situazioni così come nelle forme, basta solo riuscire a coglierla. Klimt e Schiele sono sicuramente due miei capisaldi: ho amato (e amo ancora) la loro estetica e sensibilità che sento molto affini alla mia. 

C’è un autore in particolare che ha illuminato o illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Se dal punto di vista estetico fra i miei modelli potrei nominare maestri come Caravaggio, Lautrec, Hopper o i già citati Klimt e Schiele, per il modo di approcciare al mondo ho soprattutto riferimenti estranei al campo pittorico. Dovrei stilare una lista lunghissima di nomi provenienti dalla musica, dal cinema, dalla letteratura o anche dallo sport, ma due di quelli che hanno avuto un ruolo fondamentale per la mia formazione sono Fabrizio De Andrè e Woody Allen. Due personaggi sicuramente molto diversi ma accomunati dall’esigenza di raccontare il mondo senza bisogno di aggiungere super-situazioni o super-personaggi. Ogni tanto con qualche esagerazione, certo, ma fa parte del gioco. 

Fra i tuoi disegni molti i tributi a musicisti: Radiohead, Rino Gaetano, Pino Daniele, Levante... Sappiamo che suoni diversi strumenti musicali. 
Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni? 

Prima che il disegnatore il mio sogno è sempre stato fare il musicista. Attualmente suono diversi strumenti e ogni tanto compongo anche qualcosa, ma è un piccolo “tesoretto” che tengo per me. Quando disegno preferisco ritmi e melodie più pacate. Non ho un genere fisso: dal Jazz, al pop fino all’elettronica. Anche se non sempre prediligo la musica, siccome spesso il ritmo influenza il gesto e quando mi trovo a disegnare determinate  può essere problematico. Ci son occasioni nelle quali preferisco il silenzio o mettere in sottofondo cose come monologhi di gente che parla di roba della quale non capisco assolutamente nulla tipo fisica quantistica o finanza: aiuta ad estraniarmi dal mondo, concentrandomi solo sul disegno. 

Il tuo percorso è costellato di numerose collaborazioni ad esempio quella con Simone Tempia di Vita con Lloyd, con il museo del Fumetto di Cosenza per la prima mostra italiana di Charlie Hebdo ed altre realtà. Disegnare è spesso un percorso individuale, fatto di tempi e ritmi personali all’interno di scadenze. Come hai vissuto queste esperienze e in quale sei riuscito a trovare la tua dimensione ideale?
Quando posso cerco sempre di confrontarmi con diverse realtà. Le due collaborazioni con Simone Tempia e il suo “Vita con Lloyd” sono state interessanti siccome mi son trovato ad illustrare un universo differente dal mio e con un’identità già ben consolidata. Anche esperienze come arrivare a disegnare sul palco di un teatro, mentre decine di ballerine danzano e un pubblico di oltre mille persone attente ad osservare. Per uno che fa questo mestiere in totale solitudine è stato un bel banco di prova. Ogni collaborazione ti lascia qualcosa e ti fa crescere in modo diverso, quindi per me la dimensione ideale è semplicemente quella dove ciò accade, dove dalla contaminazione diventa maturazione.

Progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Attualmente sono in lavorazione per un libro illustrato e qualche progettino personale. In futuro vorrei esplorare campi diversi che vadano dal fumetto all’animazione ma, soprattutto, vorrei raccontare le mie storie. Molte sono già pronte, messe da parte, in attesa della stagionatura ideale. Come un buon vino.

Ciao Giovanni, grazie di tutto e in bocca al lupo
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