Sulla tavola ancora la lettera sgualcita, le sue cose sparse sul pavimento, frammenti di plastica rigida o vetro, la cornice d'argento ricevuta per quell'anniversario sporca di sangue, la foto che conteneva in coriandoli.
Una lettera; così avrebbe meritato di finire? Con qualche livorosa parola di commiato? Si sfregava ancora i pugni, camminando avanti e indietro, ravviando il ciuffo bisunto.
Come il licenziamento ricevuto il mese precedente, nelle rigide formule di rito. "L'inesorabile scure del taglio del personale" gli aveva riferito, balbettando, quel topo della contabilità. Si era immaginato gettare all'aria l'intero ufficio, sfondare la porta sorvegliata a vista da quegli occhialini tondi da zitella acida della segretaria, schiacciare al muro quella faccia da schiaffi che per anni aveva maledetto silenziosamente e ficcargliela in gola mentre quello, col volto paonazzo, avrebbe cercato inutilmente di liberarsi sputando brandelli di carta.
Invece aveva sgombrato la propria scrivania con una manata, spostando con noncuranza le proprie pratiche sul tavolo del collega a fianco, aveva sottratto il calendario, sputato nel cestino della carta e con la mascella rigida, senza salutare nessuno, aveva preso la propria giacca e sbattuto la porta. "Ho fatto il bravo, dovrebbero ringraziarmi" si ripeteva.
Ed eccolo un altro benservito. Dio, quanta ingratitudine al mondo!
Per lei aveva forse fatto anche più che per la sua azienda: l'aveva amata, coccolata, trattata da regina. Quando si era trasferito da lei aveva sopportato le sue continue lamentele, aveva accettato i marmocchi che aveva sfornato con quell'idiota che passava di lì tutti i weekend, aveva permesso continuasse a frequentare quelle oche delle sue amiche.
I primi mesi erano stati fantastici: lei era tutta moine, docile e remissiva, lui aveva cercato di fare del proprio meglio. Poi, probabilmente complici quelle quattro streghe con cui si intratteneva, lei aveva cominciato a scalpitare, a diventare insofferente, irriverente, a fargli scenate.
"Rovini sempre tutto", la chiusa lapidaria. E pensare che avrebbe dovuto ringraziare di averlo trovato, con tutti i casini che una donna come lei si portava dietro. Ma non era certo pronto a perdere tutto, non questa volta.
Era lui quello giusto, glielo ripeteva sempre: si sarebbe comportato bene, avrebbe fatto bene. Erano una coppia perfetta, come poteva non vederlo anche lei?
Sì, voleva fare bene. Doveva andare bene. Voleva andasse bene. E così sarebbe stato.
© Erika Casciello
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