Scritto da Tania Cingolati
Illustrato da Elia Bordoni
Sciarpe verdi e impermeabili blu
Neanche quel giorno, Sonia era riuscita a vederlo. L’uomo con la sciarpa verde: lui, che tutti i giorni negli ultimi due anni – festivi esclusi – si palesava, alle 16:35 in punto, al bancone del Café di Sonia, al piano terra di una palazzina dal dubbio gusto anni Settanta.
David – lo aveva chiamato così – aveva i capelli dorati e inanellati in stupidi riccioletti. La barba brizzolata sempre ben tagliata e un impermeabile blu. Ordinava sempre un americano doppio.
Sonia era abituata a servire centinaia di persone al giorno: il suo locale si trovava davanti all’ingresso della metropolitana ed era frequentato da un’ampia gamma di clienti che ordinavano caffè da asporto. Le giornate erano così frenetiche che a stento riusciva a stare dietro a tutti gli ordini e alle persone di cui incrociava lo sguardo. Anzi, a pensarci bene non ne incrociava quasi mai nessuno, tranne quello di David. Diceva che lui aveva sempre un buon profumo, pure dopo un viaggio in metropolitana. Anche quando il tempo era sgradevole e l’asfalto esalava odore di pioggia, Sonia distingueva quello di David. Avrebbe detto che conteneva una puntina di bergamotto.
Erano già due settimane che David non si vedeva più e Sonia era disperata, insofferente. Si mise in testa di scoprire chi fosse il suo David e che fine avesse fatto.
Per prima cosa, chiese a Said, il proprietario del Deli a due civici dal suo Cafè. Said, con quella sua espressione litica, le disse che no, non aveva mai visto sciarpe verdi su impermeabili blu.
«Ma forse» proseguì lui, pigramente «potresti chiedere a Babette. Lei sa tutto» disse, infine, soffermandosi sulla parola “tutto”.
Babette sono io, la fioraia all’angolo dell’isolato. Dicono che io sia una vera pettegola, ma la verità è che mi piace tenermi informata sui fatti. Conosco tutte le cerimonie e le feste che si sono svolte, si svolgono o si svolgeranno nel quartiere fino ai prossimi tre anni. Quando Sonia aprì la porta a vetri rosa, un’esplosione di ciclamini, gerbere e gigli mi facevano da sfondo. Stavo preparando una decina di bouquet per una festa di fidanzamento.
«Ciao Babette», disse Sonia, «devo chiederti un favore…». Mi disse tutto: di David, della sua sciarpa, del profumo al bergamotto, e della sua ricerca. Non avevo mai sentito parlare di nessun David, ma ricordavo un uomo biondo con un impermeabile blu che una volta dimenticò nel mio negozio una ventiquattrore. Mi aveva commissionato un bouquet sui toni dell’arancione pastello – una scelta molto femminile.
Queste informazioni, tuttavia, non aiutarono Sonia nella sua ricerca. Anzi, la abbatterono ancora di più. E se il fatto di aver ordinato quel bouquet significava che fosse un uomo impegnato? E perché mai, poi, lei le veniva in mente una cosa del genere? Non credevo che Sonia fosse tipo da farsi marcare stretta dalle emozioni.
Stava per uscire dal negozio, rabbuiata dai pensieri, quando le dissi:
«Aspetta, non è tutto», la mia voce si fece un bisbiglio, «Ho guardato dentro la sua ventiquattrore. Lavora allo studio di avvocati associati P&A».
La notizia spazzò via tutti i dubbi nella testa di Sonia, glielo lessi negli occhi. Corse fuori senza nemmeno chiudere la porta. Sapevo che stava andando da lui. Ma con che scusa si sarebbe introdotta?
Sonia entrò nell’ascensore e premette il numero tre. Le porte si chiusero. Quando si riaprirono, fu lì che lo vide: David. Proprio di fronte a lei, con il suo impermeabile, la sua sciarpa e i suoi capelli biondi.
Alto, sovrastava un paio di colleghi dai quali si stava congedando. E diceva sorridendo:
«Mi trovo benissimo con questo SUV, Clarissa ci vede lungo. È tutta un’altra cosa, venire in ufficio con quella bestiolina».
Sonia non si mosse, paralizzata. David si stava dirigendo a passo svelto proprio verso di lei. Nascose metà del volto con la mano quando lui entrò nell’ascensore. Ma non si accorse affatto di lei: batteva frenetico le dita sul cellulare. Nella hall del palazzo, la superò come fosse stata un ordinario abat-jour e si diresse verso uno scintillante SUV color carta da zucchero, parcheggiato a un paio metri dall’uscita del palazzo. Seguì un “clic” di portiere automatiche che si aprivano.
Anche Sonia era di nuovo sul marciapiede, dove pochi minuti prima la coscienza aveva bussato alla sua porta. “Grazie David”, pensò, come risvegliatasi da un sogno, “ora so per certo che devo trovarmi un…”.
In un attimo, una nube di polvere investì il cielo terso e un rombo infernale sembrò spaccare in due la terra e il cielo. Oggetti di colore scuro tranciavano di netto l’etere. Il SUV di David era appena saltato in aria, con lui dentro. Il fumo arrivò fin dentro il mio negozio. In seguito, dovetti buttare via tutti i fiori lavorati quel giorno. Sonia cadde a terra, in ginocchio, e poi fu il buio. Questo è ciò che credo io, ma come è andata davvero, lo sa solo lei.
© Racconto di Tania Cingolati | Illustrazione di Elia Bordoni | Editing di Chiara Bianchi
Sciarpe verdi e impermeabili blu | Racconto | Indigeribili
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