Scritto da Apolae
Illustrato da Cosimo Gigantiello
Sposi
Lo sposo tasta il Windsor, nervoso lo titilla e stira un sorriso agli invitati della propria metà di navata, che poi è l’unica occupata, dato che nessuno siede alle panche sul lato opposto. La sposa in ritardo fa colore più che notizia, mette sale più che pepe, laddove il suo intero parentado assente suscita cauto scalpore tra i cappellini e gli chignon, accanto ai farfallini e alle cravatte che si guardano a sinistra imbarazzati, qualcuno già pronto al peggio: Ma la sposa? Eh! La sposa non ha seguito, Entrano tutti insieme? E che ne so, Vedrai che salta tutto, No dai, Sì, E il regalo scusa? Infatti! Che fa te lo riprendi? Cribbio a saperlo prima, Boh, Beh non si sa mai, Salterà anche il pranzo dici? Ormai sta pagato a mangiare si mangia, Shhh, Zitti, C’ho fame, Ué zittéte che Gildo ci sente. Il brusìo indistinto rimbalza sull’altare sconsacrato di Sant’Agostino, assorbito da una folta cornice di gigli e lisianthus. Don Paolo, seminarista dell’ultimo anno a Chieti, accomoda una manica della talare troppo larga e intanto scruta il fondo della passatoia. Ci siamo. Fa cenno all’organo di partire con la Marcia di Mendelssohn. Lo sposo manda giù il groppone.
Dall’ingresso, un rimbombo corposo annuncia l’avvento della protagonista indiscussa. Rossa ed elegante, spicca grandiosa sul tappeto bianco, maestosa nell’incedere tra gli allestimenti panna e gli invitati a bocca aperta, un po’ invidiosi un po’ bigotti, decisamente rapiti, catturando il momento instagrammabile coi propri smartphone. Il testimone accompagna al volante la sposa, tenendo a freno i cavalli per attraversare la navata al minimo di giri. Nessuno si sarebbe sognato di affumicare i presenti, dopotutto. Frenata morbida. Congiunti, sposo e sposa dinanzi all’altare, il trio musicale sfuma un arpeggio e la cerimonia viene avviata dal ministro religioso. Timidi impacci iniziali, uno sviluppo contratto, poi la funzione si consuma snella, senza fronzoli né contrattempi, fino al momento topico. Lo scambio dei voti.
Il prete schiarisce la voce col polso davanti alle labbra. Comincia la formula dei voti: «Ermenegildo e Daytona, siete venuti a celebrare il matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e consapevoli del significato della vostra decisione?»
Lo sposo scandisce «Sì», guardando nei fanali la sposa. Il testimone, seduto al volante, dà un colpetto di gas. «Siete disposti, seguendo la via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi l’un l’altra per tutta la vita?»
Lo sposo risponde con un sì deciso. Rombo di conferma della sposa.
«Siete disposti ad accogliere con amore le vetture che il Signore vorrà donarvi, nonché a effettuare tagliandi e manutenzioni secondo le indicazioni del libretto d’uso ufficiale?»
Lo sposo e la sposa confermano all’unisono.
Dunque, il presbitero si rivolge allo sposo: «Ermenegildo, vuoi accogliere Daytona come tua sposa nell’Altissimo, promettendo di esserle fedele sempre, nell’accelerazione e nel traffico, col pieno e a secco, nel funzionamento e nel guasto, nonché di amarla e onorarla tutti i chilometri della tua vita?»
Lo sposo annuisce, la voce incastrata alle tonsille.
Sicché, il reverendo interroga la sposa: «Daytona, vuoi accogliere Ermenegildo come tuo sposo nell’Altissimo, promettendo di essergli fedele sempre, nell’accelerazione e nel traffico, col pieno e a secco, nel funzionamento e nel guasto, nonché di amarlo e onorarlo tutti i chilometri della tua vita?»
Sgassata reboante della sposa. Tossiscono gli invitati.
Il ministro lecca il pollice per sfogliare il breviario, quindi proclama solenne, braccia stese e palmi aperti al cielo: «Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti all’altare e vi ricolmi della sua benedizione. Le forze dell’ordine non osino separare ciò che Egli unisce.»
Sovrapponendosi all’attacco del banjo in Amazing Grace, lo sposo si appresta a baciare la neo-consorte. Il testimone tira mesto una levetta rossa sotto al cruscotto ed Ermenegildo solleva lentamente il cofano di Daytona. Non l’ha mai vista così bella. Una lacrima di gioia gli scivola sulla guancia, cadendo sulla scocca lucida. Segue un bacio appassionato dell’uomo sul logo equino. Dalle panche crepitano applausi misti a cicalecci e sorrisetti. Chi già si alza, chi rimane seduta ancora un po’ ad ammirare l’allestimento in total white, chi manda messaggini tra le gambe. Alla spicciolata, gli invitati si congratulano a distanza e guadagnano l’uscita per l’atto finale: lancio di arborio e basmati.
Ermenegildo e Daytona varcano allora il portone, spalancato come una promessa compiuta, con la mano di lui sullo specchietto laterale di lei. Frenano in cima alle scale, chiudendo gli occhi e attivando i tergicristalli sotto la gioiosa pioggia di chicchi, alcuni più forti degli altri perché carichi d’invidia repressa, altri andati a vuoto perché lo zio ha la cataratta. L’antico rito è compiuto. La nuova coppia si concede agli abbracci di amici e parenti, alle congratulazioni e alle battutine di rito. Per il testimone è l’ultima volta con Daytona, lo sa bene e tentenna fissando la plancia comandi lampeggiante. Lei gli accarezza le natiche, ruffiana nell’addio. Poi il ragazzo esce dall’abitacolo e cede allo sposo ciò che adesso è suo di diritto, con buona pace della concessionaria. Stretta di mano robusta e poche parole soddisfatte. Lo sposo saluta il gruppo, fotografo al seguito, finalmente solo con la bella sposa. Si ritroveranno all’apertura del buffet, in un paio d’ore. Senza fretta. Perché questo è l’indimenticabile istante della prima guida insieme, sigillo di un corteggiamento durato due anni dall’ordine alla consegna. La coppia si congeda suonando il clacson, parte e rapida scompare dietro un muro di palazzi. Ermenegildo e Daytona, oggi sposi. Domani chissà.
© illustrazione di Cosimo Gigantiello | Racconto di Apolae | Editing di Chiara Bianchi
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