La favola del giorno e della notte | Racconti Indigeribili

La favola del giorno e della notte | Racconti Indigeribili

Scritto da Davide D'Ambrogio
Illustrato da Luca Pettarelli


La favola del giorno e della notte

‎‎‎‎«Senti Adam, mi ha fatto davvero piacere vederti dopo tutto questo tempo, ma adesso devo andare. Mi raccomando, ti voglio trovare un po’ più su di morale la prossima volta! In gamba, eh. A presto!»
«Aspetta! Sicuro che non resti per un altro giro?»
«Sto a posto così. Ci vediamo!»
«Aspetta, hai le scarpe slacciate».
«Ma se ho i mocassini…»
«E Piercarmine invece? Ti ricordi quella volta che—?»
«Senti. Devo andare a misurare la pressione a nonna, mi lasci andare o no?»
«Non posso».
«In che senso?»
«Siediti, per favore».
«Ma mia nonn—»
«Tua nonna camperà altri due anni e non sarà certo la pressione a ucciderla. Perciò mettiti seduto».
«Ok, però mi stai spaventando. Che succede?»
«Niente, succede che qualche mese fa ho fatto un sogno strano. Ho visto il futuro».
«Ok, va’ avanti. Cosa succede in questo sogno?»
«Vago per la città senza una meta precisa. A un tratto, intravedo un calendario attraverso una vetrina. È in quel momento che capisco di essere nel futuro. Un futuro poco lontano, tre anni soltanto. Eccitato, mi avvio verso casa. Volevo incontrare me stesso per vedere se avrò ancora i capelli. Purtroppo, sarò completamente calvo, ma il punto è un altro. È che quando sono andato a vedere come se la passa il buon vecchio me del futuro, non l’ho trovato. Ero morto».
«O mio dio!»
«Un malore improvviso, mi hanno detto. Però il problema non è cosa, ma quando».
«Eh, lo credo bene, fra tre anni sarai ancora nel fiore della giovinezza».
«Non esageriamo. Il problema è che io cadrò a terra non appena uscirò da questo bar».
«Ah».
«Già».
«Però aspetta, questa è una fortuna! Un malore mi hai detto, giusto? Posso provare a salvarti!»
«Non servirebbe a niente. Il futuro è inevitabile».
«E allora cosa vuoi fare? Startene qua seduto a parlare con me? E di cosa?»
«Della vita».
«Della vita? Ma a me piacerebbe esserti utile in modo concreto».
«Sai, mi rendo conto solo ora di quante cose non ho mai visto e vissuto. A trentadue anni dovrei conoscere qualcosa del mondo, e invece non mi sento diverso da un bambino che non sa ancora nulla. Allora mi chiedo che valore ha la vita se devo morire come sono nato».
«Adam, ma cosa dici! Ci sono così tante cose che rendono la vita degna di essere vissuta».
«Lo stai dicendo solo perché sai che sto per morire».
«No, lo penso davvero invece!»
«E allora cos’è che rende la tua vita degna di essere vissuta?»
«Gli occhi di mia figlia quando le racconto la favola della buonanotte»
«Perché, come sono?»
«Chiusi. Riposa profondamente perché è serena. E questa cosa così semplice forse dà senso alla mia vita più di tutte le altre».
«Io non ho mai vissuto nulla del genere».
«Ma hai vissuto altre esperienze, Adam! E se le guardi nella loro semplicità, come io guardo mia figlia che dorme, capisci che è lì che la vita trova un senso. Non nelle cose complesse e contorte, né nella confusione che generano».
«Mi racconteresti la favola di tua figlia?»
«Vuoi davvero che ti racconti una favola per bambini poco prima di morire?»
«Sì».
«Piuttosto bizzarro come ultimo desiderio. Ad ogni modo, fa più o meno così: c’era una volta un bambino che desiderava restare sempre sveglio per poter giocare ed esplorare il mondo senza fermarsi mai. Così, un giorno decise che avrebbe smesso di dormire perché era una perdita di tempo. Allora rimase sveglio per ore, giorni interi, senza mai andare a letto. Ma man mano che il tempo passava, si rese conto che le cose attorno a lui stavano cambiando. Senza sonno, il giorno e la vita stessa diventavano monotoni e ripetitivi; perdevano qualcosa, persino il loro significato. Finché una sera, stremato, il bambino si mise a letto per riposare finalmente. E nel momento in cui chiuse gli occhi, si rese conto per la prima volta di quanto importante sia la notte per vivere il giorno».
«Grazie. Credo di poter andare adesso».
«Ti senti pronto?»
«Sì, adesso lo sono». 

«Accidenti, si gela qui fuori. Senti Adam, io ti ringrazio per tutto. Non sono pronto a salutarti per l’ultima volta, eppure sono felice. Felice di averti conosciuto e di aver avuto questa conversazione illuminante con te. In qualche modo, mi rendo finalmente conto del peso che hanno nella mia vita certe cose che davo per scontate. Grazie».
«Prima che tu te ne vada, c'è una favola che vorrei raccontarti io».
«Adam, io non sono sicuro di voler rimanere ancora qui. Mi sta mancando l’aria. Ma se è il tuo ultimo desiderio, resto».
«Purtroppo, devi. C’era una volta un bambino che desiderava restare sempre sveglio…»
«Ti è proprio piaciuta questa favola, eh?»
«…Così un giorno decise che avrebbe smesso di dormire…»
«Che strano, ho improvvisamente sonno».
«…Allora rimase sveglio per ore, giorni interi, senza mai andare a letto…»
«Ho freddo».
«…Ma senza sonno, il giorno e la vita diventavano monotoni e ripetitivi; perdevano qualcosa, persino il loro significato…»
«Ho bisogno di stendermi».
«…Finché una sera, stremato, il bambino si mise a letto per riposare finalmente…»
«Adam, perché te ne stai in piedi a guardarmi?»
«…E nel momento in cui chiuse gli occhi…»
«Adam, perché non ti vedo più?»
«…Si rese conto per la prima volta di quanto importante sia la notte per capire il giorno».
«Adam, oggi sono io a dover morire, vero?»


 © illustrazione di Luca Pettarelli | Racconto di Davide D'Ambrogio | Editing di Chiara Bianchi 


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