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La locanda è una nave mancata, tutta di legno di leccio, 206 alberi per la precisione. Doveva arrivare in America e invece è sorta su uno scoglio sulla punta di Punta Chiappa. Il menu è fisso: sono 10 portate, 10 perle perfette di cuori di patata cruda, ma non sono tutte uguali: di volta in volta basta immaginare un sapore diverso e non si sarà mai delusi.
Libero prenota alla locanda, prenota per due anche se è da solo ma magari non lo sarà quel giorno, dal momento che prenota per dieci anni dopo e sa che arriverà lei, con le labbra color Nebbiolo e la amerà come ama le attese, la sua casa tutta blu, alle soglie della Città Grande, la libreria vuota, i vestiti nell'armadio in ordine alfabetico ed un cane tutto nero che ogni tanto sparisce e si chiama Vieniquì, tutto attaccato.
Viola invece è figlia di Margherita, nipote di Rosa, bisnipote di Gelsomina, bisbisnipote di Ciclamina. Nella sua famiglia hanno tutte nomi di fiori e li accordano anche, i fiori, perché non dicano bugie. Sua madre gestisce una "casa per urlare" dove la gente va a disfarsi del dolore e con le sue grida ha fatto scappare un prete, mentre il successore è scappato con la figlia Viola.
Questi sono solo alcuni dei personaggi che popolano questo romanzo trasognato, dove la follia è solo un linguaggio per interpretare la vita, i bisogni, i sogni, le aspettative che serbiamo ognuno nel profondo. Attraverso le vicende dei protagonisti esploriamo le varie tappe dell'esistenza: la ribellione della gioventù, la confusione della maturità, la malinconia della senilità.
C'è candore, c'è fragilità, c'è fatalismo: ognuno ha una strategia per affidarsi agli eventi, vi si aggrappa, la mette in discussione, ma non può farne a meno; che sia credere che le cose in cui si spera arriveranno prima o poi se si avrà la pazienza di aspettarle, che sia l'affidarsi alla sorte e cogliere ogni piccolo ostacolo come segnale per correggere il tiro. C'è chi ha un progetto di vita e si esaurisce con esso e chi evolve col tempo. Su tutto vale l'esorcizzare la morte, la vita, la paura di cambiare.
Disseminati qua e là dettagli che sembrano simboli, come il vino, che è stordimento, sensualità, meditazione; come il cane nero, che sparisce, riappare, abbandona, conforta, come a rappresentare il legame affettivo nello spazio e nel tempo.
"La Locanda dell'Ultima Solitudine" è un luogo magico a cui approda chi sta scappando da qualcosa o chi sta inseguendo un posto lontano; si va per trovare una risposta, si va per imparare a vivere o a morire, facendosi insegnare dal mare, dal sole, dal vento, a restare sospesi in aria o a precipitare, come gli aquiloni.
PS: molti cuochi non consiglierebbero di consumare perle di patata cruda, ma anche questa la considererei una follia da Locanda dell'Ultima Solitudine.
Titolo: La Locanda dell'Ultima Solitudine
Autore: Alessandro Barbaglia
Edizioni: Mondadori
Genere: Romanzo
Collezione: Omnibus
Uscita: gennaio 2017
Pagine: 165
© Erika Casciello