Null Island | Ilaria Petrarca

Null Island | Ilaria Petrarca

Un libro che fa chiarezza nel complicato mondo della ricerca universitaria e sulla necessità delle ricercatrici e dei ricercatori di essere visti e compresi.
Ce ne parla Maria Teresa Renzi-Sepe 

Null Island di Ilaria Petrarca, edito da readerforblind, è la storia di una ricercatrice italiana, narrata in prima persona, simile a un diario. Antonella, la protagonista, sottopone i suoi trent’anni – la sua difficile situazione sentimentale, sociale, economica e lavorativa – a un vigile metodo emotivamente scientifico. Ma come si fa quando si è investito tanto in qualcosa che forse non darà frutti, e sembra troppo tardi per cambiare? Con Antonella, scopriamo che forse la chiave sta nel sentirsi nel posto giusto, anche se per gli altri è sbagliato. Che poi è così che, alla fine, noi tutti compiamo le nostre scelte.

In questo romanzo, Ilaria Petrarca ci aiuta a fare chiarezza nel complicato mondo dei PhD, postdoc, ricercatori a contratto, collaborazioni e compagnia bella. E ci spiega non solo cosa vogliono dire tutte queste posizioni accademiche temporanee e prive di certezza, ma anche come sopravviverne.

Storie come Null Island – le storie delle ricercatrici e dei ricercatori italiani – forse risuonano poco in chi non conosce il mondo accademico. Ma da Null Island, una storia piena di dettagli e a volte anche di spiegoni, viene fuori tutta la necessità dei ricercatori di essere visti. L’ho riconosciuta subito questa necessità perché sono una ricercatrice anche io, e vivo gli stessi problemi che vive la protagonista del romanzo: i soldi, le posizioni universitarie a tempo ultra-determinato, l’estero, i progetti da scrivere, gli articoli rifiutati, la distanza – dagli affetti, dalle case, dalla realtà – e infine il dubbio di aver sbagliato tutto e che ormai sia troppo tardi per tornare indietro. Soprattutto, in un mondo lavorativo che sembra non sapere cosa farsene di tutti questi PhD e postdoc in ritirata.

Le ricercatrici e i ricercatori non sono i primi della lista fra le categorie lavorative in estinzione (e lo so che vi stiamo pure antipatici), ma prenderò comunque un po’ di spazio per dire qualche parola in più su cosa può voler dire “fare ricerca”.

Quella delle ricercatrici e dei ricercatori è una storia invisibile e incompresa. Invisibile perché complessa e come tutte le cose complesse sembra un ammasso informe, a meno che non si voglia guardare più da vicino. L’accademia stessa ti rende invisibile: fare una ricerca equivale a investire sé stessi in qualcosa che poi dovrà essere presentata al mondo come se si fosse autogenerata. La regola del presente in terza persona singolare (chi scrive in inglese accademico lo sa) nasce per questo: annullare l’identità a favore dell’oggettività.

L’università, un sistema antiquato fatto di pene e risentimento, spesso si rende lei stessa incomprensibile al resto del mondo. Anche solo capire come fare ricerca è inutilmente complicato, sebbene non ci sia nulla di difficile nel voler capire come funzionano le cose, e renderlo un lavoro.

Ma l’accademia oggi non è fatta più solo di baroni con il triplo cognome, come scrive Ilaria Petrarca: è fatta soprattutto di persone normali che amano studiare. Senza addentrarci in specifiche questioni sociali ed economiche, queste persone vorrebbero che il loro sforzo venisse riconosciuto come quello di un lavoro normale e che, come un lavoro normale, possa essere pagato, tutelato, avere una durata, i suoi limiti e la sua fine.

Le ricercatrici e i ricercatori non hanno orari, vacanze, luoghi in cui lavorare o contratti stabili. Sperimentano spesso il rifiuto poiché la ricerca scientifica – figlia del positivismo Europeo – richiede che tutto venga sempre confutato, messo alla prova. Di fatto, non c’è un momento nel lavoro di ricerca in cui qualcosa si può dire finita o suscettibile di fine. Lo scopo delle ricercatrici e dei ricercatori è quello di produrre qualcosa affinché gli altri possano criticarlo, demolirlo, decostruirlo. Oltre a godere di poche tutele a cui appigliarsi, le ricercatrici e i ricercatori vengono spesso vessati e sfruttati senza regole, “per amore della scienza.” Ho visto tante persone deteriorarsi per questo.

Sono felice quando vengo a sapere che Ilaria Petrarca, autrice nonché lei stessa ricercatrice, scrive un libro su questo mestiere. Sono felice quando una ricercatrice o un ricercatore scrive qualcosa che non ha lo scopo di presentare o verificare dati, perché smussa gli spigoli dall’interno e questo mi piace sempre, in ogni situazione. Sono felice quando le ricercatrici e ricercatori si fanno vedere e si fanno capire.




Null Island
Ilaria Petrarca
readerforblind
Pagine: 184
ISBN: 9791280890153
Pubblicazione: 12 dicembre 2023 
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