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Parole che odorano, righe che profumano: pagine dense e aromatizzate.
parole di Paolo Perlini
È bello leggere un romanzo. È ancora più bello leggere una raccolta di racconti nei quali, ognuno è un piccolo romanzo. Ed è altrettanto bello, durante la lettura, sentire che tutti i sensi vengono coinvolti, anche quello che all’apparenza non ne avrebbe diritto: l’olfatto.
La scrittura di Cristina Pasqua è odorosa: ti fa sentire l’odore della cenere bruciata, della sterpaglia, della melma dei fiumi, dei copertoni bruciati, dei cani rinchiusi in una gabbia dalla signora Adele. L’odore del soffritto della Gina.
«L’odore dei passi annidato nelle fughe dei marmittoni».
Dopo alcuni racconti, come La casa delle formiche - nel quale il narratore, Osvaldo e Ombretta la noiosa, alla fine della controra vanno oltre il campo di girasoli dove ci sta una casa diroccata a incendiare formicai – ho chiuso gli occhi e mi sono ricordato di quando da piccolo tornavo a casa dopo le mie scorribande nei campi, con i pantaloni che odoravano di artemisia e pantano, le mani che puzzavano di freddo, erba, zolfo.
Così come in Erba alta, dove insieme a Ada e Gilda, s’inoltrano in un casolare abbandonato, perlustrano la cantina e dopo uno spavento fuggono.
«In fuga, di balzo siamo fuori dalla porta, in mezzo al campo e giù per la scesa e ancora e ancora sul sentiero, superati i bottiglioni e la fonte solo un gorgoglio lontano, oltre il ponte di legno e gli steccati degli orti, in fuga sullo sterrato, una nube di polvere, il fiato corto, le braccia a remare l’aria.»
Alla fine ho sentito un prurito ai polpacci, come se fossero stati graffiati da stoppie e ortiche.
Sono 23 racconti che l’autrice ha scritto in un arco di tempo molto ampio, tutti con uno stile ben definito, un buon ritmo, con parole scelte con cura, quasi tutti dalla tinta grigia, qualcuna noir o addirittura horror.
A volte, dopo aver letto un libro, mi perdo in particolari all’apparenza stupidi. Vado a indagare sul titolo, che spesso ha un’attinenza diretta con un racconto della raccolta o un episodio del romanzo. Vado a indagare sul nome dell’autore, sulle citazioni, i particolari, i riferimenti che poi vanno a sollecitare ricordi e fantasie.
Quindi, una volta terminato Fughe di Cristina Pasqua, mi sono soffermato sul titolo stesso: Fughe:
"Improvviso, precipitoso o segreto abbandono di un luogo, imposto da gravi motivi, non sempre giustificabili moralmente”, dice il dizionario.
Ed è questo che spesso si riscontra nei 23 racconti della raccolta: una fuga verso un qualcosa, anche verso l’altra vita. Attraversamenti, passaggi, come è citato nella quarta di copertina:
“Un passaggio a casa. Tra quattro giorni è natale”, azzardò Inghieri.
E così, al termine, per qualche reminiscenza cristiana, sono andato a spolverare il significato di Pasqua, il cognome dell’autrice:
“Pasqua: passare oltre, passaggio”.
E contento per aver colto e decifrato questo nesso, vado a rileggermi il racconto A fuoco lento: un capolavoro.
Titolo: fughe
Autrice: Cristina Pasqua
Casa editrice: pièdimosca
Pagine: 176
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