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Carmen Verde – Una minima infelicità
Un libro di debolezze, privazioni e mancanze. Un romanzo novecentesco, che somiglia a una fotografia ingiallita dal tempo.
di Maria Teresa Renzi-Sepe
Sofia è alla ricerca costante di un amore di cui non conosce né la forma né la sostanza. Incasellata nel ruolo di moglie e madre, si muove in un contesto paesano, un coro di voci senza volto che ne giudica i tradimenti. Così, ogni tentativo di Sofia si risolverà in un fallimento, fino alla ricerca di una sublimazione che passa per l’autoflagellazione. Annetta, sua figlia, assorbe tutto al punto di dimenticarsi di esistere.
Così, l’infelicità diventa genetica: le figlia ne viene soverchiata, come lo fu la madre e pure la nonna. In bilico fra indolenza e ossessione, Annetta è testimone della vita di Sofia – non sempre attendibile poiché (come accade a molti figli) l’idea che si ha di una madre può essere più concreta della madre stessa. Non a caso, la principale (e unica) caratteristica di Annetta – la sua piccola statura – è un tratto emotivo più che fisico: il sentirsi inferiori o bambini nei confronti degli irraggiungibili genitori.
Non solo: l’infelicità si esercita anche, si mette in pratica tutti i giorni. Come ogni volta che Sofia soccombe, si mostra debole dinanzi alla governante Clara, al marito e i commessi nel suo negozio di tessuti, agli amanti che la sfruttano. Tace e gioisce, vestendosi di bontà, di tutte le volte in cui si morde la lingua. E così insegna ad Annetta, giorno per giorno, l’arte della privazione come forma di controllo.
Una minima infelicità – edito da Neri Pozza – è un romanzo che ha un sapore conosciuto. Se fosse un dolce, sarebbe una torta mimosa: non si trova più tanto in giro, ma ne ricordo bene la consistenza. Carmen Verde scrive una storia novecentesca di analisi. Gli eventi si svolgono in un paesaggio quasi svuotato, o appena abbozzato: gli uomini sono effimeri; gli altri sono sagome che incarnano la morale cattolica; i luoghi esterni sono quasi assenti, ma vividi sono gli interni e i sentimenti. Persino il fuori (quel poco che accade al di là dalla dimensione casalinga) è un dentro: le foglie dei platani scossi dal vento, che battono sui vetri delle finestre della casa, sono animi che si agitano, bloccati nella loro immobilità.
L’aspetto che più di tutti ho preferito (personalmente) è quello dell’archeologia familiare. Quanti di voi hanno frugato nei cassetti dei nonni o dei genitori con la stessa agitazione di chi sta per svelare un mistero antichissimo? Il romanzo, infatti, si innesta idealmente sul ritrovamento di alcune vecchie fotografie, dai cui soggetti parte il ricordo di Annetta bambina, talvolta già deformato dalla consapevolezza di Annetta adulta. Il desiderio di trovare una pecca, una macchia nella vita dei nostri familiari e, allo stesso tempo, di non volerla trovare – poiché farebbe a pezzi l’impalcatura sulla quale abbiamo costruito noi stessi e le nostre sfide – è un richiamo letterario irresistibile (“Lo scoprii molti anni dopo, aprendo armadi e cassetti, le piccole bare in cui una parte di noi si accomoda ancora in vita”).
Una minima infelicità è un libro sulle conseguenze delle nostre debolezze, privazioni e mancanze. Un libro che lavora in sottrazione, come una fotografia ingiallita dal tempo.
2022, pp. 160, € 17,00
ISBN: 9788854524965
Collana: Bloom
Generi: Narrativa italiana, Letteratura contemporanea
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