di Chiara Bianchi
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È uscito il 5 marzo il quinto titolo della collana l’invisibile di Edizioni Industria & Letteratura, questa volta è il turno di Rossella Milone con Gli analfabeti.
Una storia dalle sfumature sorprendenti, ricoperte di tagliente realismo e una punta di superstizione. Al centro della vicenda narrata, ci sono Alessio e Tilde legati da un profondo legame fatto di silenzio che «li aveva sempre salvati dalla fatica delle parole». Lei appassionata di gemme, piante salvifiche e riti, lui educatore. Entrambi vittime delle persone e di quelle parole che tanto hanno cercato di rifuggire. Alessio sente sotto la pelle il peso delle azioni altrui, intuisce i drammi e le paure dell’infanzia, sensibile al mondo dei bambini che lo circondano e «non che avesse una particolare predisposizione con i bambini, solo che con loro era più facile sopportare». Con gli adulti, Alessio non fa altro che sopravvivere: alle regole, al falso essere cortesi, ai finti sorrisi, a quel voltarsi dall’altra parte. Tutto il suo sentire «si infilava sotto la pelle come un mucchietto di formiche a torturarlo».
È difficile stare al mondo per Alessio che sente addosso il peso del dolore dei bambini, di Tilde e dell’incomprensione dei gesti degli adulti: padri e madri che sconvolgono, con le parole, la vita della coppia. L’inquisizione popolare ha decretato la sentenza finale e sarà difficile per Alessio comprendere nel suo essere esposto. Farà come solo sa: arretra dinanzi le richieste del mondo, per prenderne le distanze, per mettere a fuoco l’incomprensibile ai suoi occhi, perché «comprendere significa farsi carico del dolore».
Gli analfabeti sono coloro che, cementificati nella razionalità, sono incapaci di dare un senso all’infanzia dimenticata, alla magia, alla Natura, alla vita. Sono coloro che dando dell’irrazionale agli altri ne sono i portatori sani.
Una scrittura danzante, delicata e ricca di figurazioni. Tende il filo della paura e della tensione – emotiva e immaginifica – che man mano cresce, pagina dopo pagina, fino all’epilogo. Piano, come il vulcano – presenza inquieta ma costante – il dolore lascia presagire i suoi sotterranei mormorii.
Perché gli altri, di solito, tendevano a dissociarsi da ciò che avrebbe comportato una buona dose di sofferenza.
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