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L’osceno tormento del torcicollo, a forza di guardare a destra e sinistra prima di attraversare l’incrocio tra ciò che ho e ciò che voglio.
di Paolo Perlini
Sono finiti gli anni Ottanta, gli anni della Milano da bere, quando art director e copywriter potevano stendere le gambe sulla scrivania, giocare di brain storming, tirare fuori qualche idea e poi trascorrere la nottata in cerca di nuove ispirazioni. La coppia creativa che i nuovi tempi hanno smontato: ormai chiunque si professa art director e in quanto al copywriter, be’, quello vive una diaspora in continua evoluzione che forse finirà fagocitata dall’ultima novità, il software ChatGPT, il sostituito del creatore di testi e contenuti.
Ci mancava solo questo per i poveri e bistrattati content, seo, web copywriter. Siccome a scuola tutti hanno imparato a scrivere e pensare, va da sè che tutti si credono capaci di combinare quattro parole e persuadere il pubblico. Il risultato è che gli sforzi, i ragionamenti che hanno portato alla creazione di un determinato testo possono essere messi in discussione dall’ultimo stagista arrivato nell’azienda cliente, il quale non sa che «essere comprensibile può essere insufficiente per comunicare».
Di fronte alle richieste del cliente spesso il copyrwiter è costretto a cedere e pure ad ammettere che:
«Funziona anche così. Sono contento per loro».
Ma dentro resta la frustazione, l’amarezza, la sensazione di sprecare davvero le parole, perché se funziona anche così non è detto che sia positivo. Uno stato d’animo che può generare solo Convulsioni, come quelle di Paolo Sfirri, pubblicato da Catartica Edizioni: diario, appunti, note, poesie, brevi racconti di un copywriter deluso, quasi nauseato. Lo si percepisce fin dalla prima pagina:
«Ogni giorno spreco una quantità tale di parole che non sono più in grado di esprimere ciò che sento davvero - un magma vuoto e pieno di accadimenti».
Nonostante lo spreco e la frustazione di dover scrivere cose a caso, per il copywriter resta un’ancora di salvezza: «Il migliore allenamento per la memoria e l’immaginazione è inventare parole…il dialetto è di per sè un piccolo miracolo di ingegneria umana, nel quale confluiscono le storie e i bisogni di un gruppo…»
Ed è così che questa raccolta di confessioni e convulsioni è guidata dal Nuovo Vocabolario Romanesco di Periferia, parole vernacolari, molto simili all’italiano o espressioni di altri dialetti regionali ma che talvolta assumono un significato diverso:
Accannare v.tr - lasciare, mollare, liberarsi di qualcosa o qualcuno. Fraseologia: Aho m’hai accannato qua da solo; Hai accannato la macchina?
(Nel mio personale dizionario del 1873, accannare significava afferrare una persona per le canne della gola).
Non poteva esserci titolo migliore per questa raccolta apparentemente disordinata, anche nella disposizione dei capitoli, il cui ordine va scoperto, indagato, percorso come Pollicino. Un ordinato disordine, come quello che regna sulla scrivania di una persona creativa. E scrivendo questo mi chiedo se anche nei neuroni dell’intelligenza artificiale ChatGpt, regni la confusione creativa. Mi chiedo se anche ChatGpt abbia delle convulsioni, un alternarsi disordinato, rapido e involontario di contrazioni e rilasciamenti dei muscoli. Mi chiedo se anche lui riesca ad incazzarsi.
Convulsioni. Le confessioni di un copywriter, è un libricino di 112 pagine che valgono il doppio perché il vero copywriter si esprime con le parole che scrive e anche attraverso quelle che non ha usato.
Titolo: Convulsioni. Le confessioni di un copywriter
Autore: Paolo Sfirri
Editore: Catartica Edizioni
Pagine: 112
Pubblicazione: 30 agosto 2021
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