di Chiara Bianchi
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Questa è la storia di un non luogo, anzi di un luogo che non c’è più, di un’isola che non c’è declinata alla solitudine, dove si cresce ma coi propri fantasmi. Questa è la storia di N.O.F. (4), detto lo Scassinatore Nucleare, delle sue prigioni, di un muro su cui lasciò tutto.Quattromilacinquecento abitanti – esclusi infermieri, addetti, suore e impiegati – destinati a vivere la «disumana pratica di esclusione» nella città - manicomio di Volterra. E nel padiglione Ferri, reparto giudiziario, nel 1959 arriva Oreste Fernando Nannetti, di cui si sa poco o niente, non ama parlare, preferisce la solitudine, non ha parenti prossimi, la sua vita è segnata da stanze nude e cortili bordati di filo spinato, invalicabili.
Nannetti, però, pare avere una missione: scrivere sui muri esterni del padiglione nelle ore d’aria, quando non piove.
«Per me va bene se scrivi, ha detto il dottore, solo mi piacerebbe sapere cosa scrivi, cosa fai Nannetti, senti delle voci nella testa e scrivi quello che ti dicono le voci?»
Ma cosa scriveva Nannetti? Lo sappiamo grazie al lavoro attento, quasi ossessivo, di Aldo Trafeli, che nel manicomio ha lavorato per trent’anni come infermiere ed è uno dei pochi che lì dentro ha rivolto la parola a Oreste, mentre era intento nella prosecuzione della sua opera minuziosa e monumentale di scrittura sul muro, solo con l’aiuto di una fibbia, incidendo solco dopo solco, con le sue «esili mani».
Prima che tutto fosse dismesso e cadesse in rovina, Aldo ha fatto fotografare tutti i dettagli di quell’immenso libro verticale e poi ha iniziato a decifrare e trascrivere ciò che Oreste aveva prodotto.
Paolo Miorandi, autore di Nannetti. La polvere nelle parole, edito da Exorma Edizioni, visita quei luoghi abbandonati e fatiscenti, diverse volte nei primi anni Duemila, acquisendo informazioni e ricordi dall’allora anziano Aldo. In questo libro, in cui forte si avverte la malinconia dei luoghi, come erano al tempo di Nannetti, lo spaesamento della reclusione e del lavoro difficile svolto da Aldo, la voce di Miorandi si mescola e si fa unica a quelle di Oreste e di Aldo. L’incedere delle parole di Nannetti, i suoi pensieri densi di una logica personale, la sua vita passata sconosciuta forse anche a se stesso, la vicinanza di Aldo che gli permette di ricevere almeno la memoria nel futuro. Nannetti era forse un folle, forse aveva una sua verità, forse aveva soltanto trovato, attraverso la faticosa scrittura primitiva sui muri, una via di fuga alla completa estraneità della vita fuori dal manicomio.
E lungo i bordi di quel muro sgretolato dal tempo Oreste ha trovato la sua libertà di espressione, di pronunciarsi di fronte allo sguardo del mondo dinanzi al quale non voleva restare solo un invisibile.
« […] le cicatrici che portiamo sulla mappa sdrucita che riveste i nostri corpi, in fondo, non sono altro che ferite trasformate in segno».
A corredo del testo una serie di foto dell’ex manicomio scattate dal fotografo Francesco Pernigo.
Titolo: Nannetti. La polvere delle parole
Autore: Paolo Miorandi
Editore: Exorma edizioni
Pag: 161
Pubblicazione: 3 marzo 2022
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