Müchela, Iena è una partita a ping pong tra il passato e il presente di Mirko, soprannominato Garage. Chi vincerà?
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Non pensavo che mi sarebbe piaciuto così, non credevo che l’avrei letto tutto in un solo giorno. Müchela, Iena è un romanzo nel quale ogni adulto maschio, cresciuto negli anni ’70 (anche se il romanzo è ambientato due decenni dopo) ci si può rispecchiare.Un tempo che pare una vita intera ma che in realtà occupa soltanto qualche mese, perché, come dice lo stesso autore «A quell'età non esistono mesi, ma ere geologiche che si camuffano in giorni».
Il romanzo è una partita a ping pong tra il passato e il presente: la voce narrante di Mirko, soprannominato Garage, racconta la sua vita da undicenne, nei primi anni Novanta, e poi il momento che sta vivendo, a trent’anni. È tornato in paese per partecipare al funerale di un ragazzo che faceva parte della sua banda in quegli anni.
A quel tempo, nel quartiere c'era la banda dei Verdi di Alessio Cappello, un ragazzino di terza media che spacciava pornografia a tutti gli adolescenti della parte vecchia. Ma la peggiore era la Band del Nord: solo quattro ragazzi ma sufficienti per mettere a soqquadro il quartiere. A differenza dei Verdi non erano visti bene da nessuno.
Mirko, non ancora Garage, ha un amico di nome Lello e con lui «è come sentirsi Tom Sawyer e Huckleberry Finn, ma all'incontrario: se loro sono temerari che fanno a fette il gretto provincialismo del Missouri, noi ripudiamo la nostra identità fuggendo negli angoli bui del paese solo perché riconosciuti come terroni».
Vincenzo Trama rende epico ogni singolo episodio, ogni bravata, ogni giornata trascorsa dai ragazzini che si trovano in un luogo di frontiera: geografico e anagrafico. Ci racconta dell’Incis, di come è nata quella periferia di casermoni anonimi pronta ad accogliere la brava gente del Sud con i suoi panni stesi e l’odore di melanzane fritte. Ad accogliere ma non integrare: anche se nato lì, Mirko è sempre un meridionale e quando per puro caso entra nella banda del Nord viene visto come un traditore.
Ci fa conoscere l'umidità padana: «Qui l'autunno è una coperta infeltrita e umida: se la strizzi gronda tutta la pianura padana. ... Camminiamo nella nebbia dicembrina, intuendoci dai rumori dei passi. La domenica qui è un eterno 31 ottobre: fantasmi mugugnanti, al limite zombie in attesa del lunedì».
Quello che mi ha sollevato qualche perplessità, o meglio, mi ha dato uno spunto di riflessione sul quale sto ancora indagando, sono i discorsi dei ragazzini di undici anni, specchio dei discorsi degli adulti, sia nel linguaggio, sia nelle tematiche: l'odio, il paragone tra meridionali e africani, i temi cari ai leghisti che si trasmettono di padre in figlio. Ecco, mi sono chiesto se quello fosse stato il vero linguaggio, il vero modo di parlare dei ragazzini.
Altra cosa sulla quale mi sto interrogando è la plausibilità dei ricordi. È possibile che dopo qualche decennio i particolari delle battaglie tra bande, dei singoli episodi, delle emozioni vissute in quei due mesi estivi, siano così vividi? Nell'io narrante lo è, ma può esserlo anche nei suoi compagni di allora?
Interrogativi che non compromettono la qualità di Müchela, Iena e fanno ben sperare: chissà, forse anche in quest'epoca digitale, in qualche quartiere di paese di provincia, ci sono ragazzini in bicicletta che seminano scompiglio e si rifugiano in luoghi segreti, per riti di iniziazione, fumare le prime sigarette, sputare, trascorrere del tempo, crescere e attendere la sera.
«Si sta facendo buio da un po'; le giornate fingono di allungarsi, in periferia meno. È come se il giorno scappasse prima, tirandosi dietro l'oscurità. Nessuno se ne cura più di tanto. Siamo abituati all'indifferenza umana, figurarsi a quella del Sole».
Müchela, Iena di Vincenzo Trama
Editore: Spartaco
Collana: Dissensi
Anno edizione: 27 maggio 2021
Pagine: 176 p.
Brossura
Prezzo € 12,00
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