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Lo scorso dicembre è uscita per Eretica Edizioni un’originale e sorprendente raccolta poetica di Alice Briscese Coletti (sembra e si auspica ne usciranno altre), già autrice di saggi di critica letteraria e racconti.
Le quattro sezioni nelle quali è suddivisa la silloge, che si può leggere come un piccolo romanzo in versi, riescono sapientemente ad alternare un linguaggio colto, ricco di picchi lirici, a un gergo quotidiano che ci riporta sulla terra, nella dimensione urbana nella quale siamo imprigionati e nell’acqua nella quale siamo abituati a nuotare.
La prima parte che, come da sinossi è “ironica e dissacrante, indagatrice degli stilemi contemporanei”, è una presa di coscienza sul mondo che ci circonda e allo stesso tempo una quasi majakovskijana denuncia “A piena voce” dello sciocchezzaio e della banalità del quotidiano e delle sue prigioni contro le quali la voce poetica dell’autrice si scaglia:
Non intendo pagarmi le mie prigioni
arroccate ciò che resta
delle vostre anime
in templi bardati di labari,
un giorno
verrete raggiunti
e allora non ci sarà pietà
La poesia da sempre è un inno alla libertà, declamare versi, che spesso diventano grida, alcune volte dimesse, altre dirompenti, è quasi una chiamata alle armi, un urlo che viene dalla terra come materia incandescente. Esemplare in tal senso è Lo Schiaffo, un breve calco del celebre componimento di Allen Ginsberg Howl, nel quale così esordisce l’autrice:
Ho visto le peggiori menti della mia generazione
per poi proseguire l’invettiva verso quelle peggiori menti le quali non sanno che
Pubblicare carta igienica usata
Per giornalisti depravati e media annoiati
Dalla noia della loro stessa esistenza
Diversi sono gli esempi di questo vivido slancio contro la poshlost, quella volgarità soddisfatta di cui hanno parlato i grandi russi fra cui Nabokov, con uno stile ora dissacrante ora intimistico e immagini antiestetiche e antipoetiche che fluiscono nel versificare libero dalla metrica tradizionale della Briscese Coletti, come quelle:
Batterie eterne,
una trama di nervi
e connettività
da sfamare
È l’alba
Di una nuova
religione
Senza dei
Né tributi
Non si spolpano
che i propri lombi
(L’ultimo metrò)
La seconda parte, è una sorta di educazione sentimentale con uno sguardo nostalgico rivolto a quelle “ragazze del ‘90”, “tutte sbagliate”, tra contaminazioni musicali di gruppi gothic rock, riavvolgendo ancora di più il nastro a qualche anno prima, sul filo delle suggestioni quando:
Avere vent’anni
Negli anni ottanta
era
Abbracciare l’eccesso dei colori
( BodyElectric - The Sister of Mercy )
Le contaminazioni culturali e controculturali presenti nella silloge spaziano dal “basso” di gruppi musicali underground degli anni 80 e 90 a quelli più “alti”, con più o meno nascosti riferimenti a grandi poeti quali John Keats, Arthur Rimbaud, William Blake, Sylvia Plath, Marina Cvetaeva, il titolo stesso richiama un verso della poetessa russa all’interno della poesia dal titolo “Ricordo una notte sul declinare di novembre”:
Alla luce di un lampione
il vostro tenero viso – incerto e strano,
Alla Dickens, fioco e nebbioso,
il petto con i brividi, come i mari invernali
il vostro tenero viso alla luce d’un lampione.
perché echi, riverberi e prestiti vi sono sempre all’interno di un’opera poetica, così come ogni percorso artistico è sempre scandito da tracce multisensoriali, quali appunto possono essere anche quelle musicali.
La terza parte della silloge è un omaggio alla classicità, con “L’ombra di Ipazia che si inchina al tramonto” (Philosophia), con “Saffo dalle chiome viola, sublime, dal dolce sorriso”.
La quarta parte infine, in una sorta di ascesa dantesca a quel paradiso, verso quel sentimento che “move il sole e l’ altre stelle”, è un breve e lirico compendio sul sentimento amoroso condensato in folgoranti versi che hanno la forza di un’istantanea, di una scintilla, come appunto in “La scintilla”:
L’attimo che ti ho amato
È diventato il paese più bello
In cui la tempesta errabonda
o la sua raffigurazione ieratica come in “Il Sacrificio”
Continui a tornare da me,
tragica vittima
della mia spartana immoralità
ma io ho già predisposto l’altare
della tua perdizione
fino alle sordide corrispondenze fatte di silenzi di “Les correspondances”
i silenzi contesi
a parlare per noi…
un fotogramma
di psichedelica
voracità emotiva
Canti d’amore che diventano lirica come in “Sinfonia Notturna”
Le tristi note
Del nostro eterno incontro
Sono pagine bianche
Di un idillio mai scritto.
Ho l’infinito negli occhi
E il cuore sàpido e denso,
che emette
un ticchettìo di stelle
e nulla svela,
nulla nasconde,
ma risponde ai silenzi
con le attese
e si nutre della nostra
memoria condivisa,
ricca e astrale,
elegiaca di fervore.
Quasi il ricordo di “una notte dickensiana”.
Il passato è una notte Dickensiana | Alice Briscese Coletti
Editore : Eretica (21 ottobre 2020)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 72 pagine
Compra sul sito dell'editore
© Simone Bachechi
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