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Mi è successa una cosa strana con “Pleasure”, il nuovissimo album di Feist, appena uscito per l'etichetta Polydor France.
Dicevo: mi è successa una cosa strana che non era accaduta con nessun altro album: l'ho divorato a casa, ascoltandolo avidamente dal computer e innamorandomene ascolto dopo ascolto. La sera dopo sono andata a cena a casa di un'amica e le ho detto subito “attacca Spotify che devo farti sentire una cosa” e l'album, dalle casse del suo computer, suonava diverso, non sembrava neanche quasi quello che ho conosciuto io. Ho controllato che le impostazioni del suo computer fossero giuste ma niente, l'album non dava la stessa emozione. Scivolava via e basta.
Testarda come un mulo, la mattina dopo ho riprovato dal mio computer ed ecco di nuovo la magia: Leslie Feist creava incantesimi musicali e io ne sono caduta vittima di nuovo.
Cos'è successo, dunque, a casa della mia amica? Per quale motivo “Pleasure” suonava così diverso e ostile?
L’unica risposta che mi sono data è che “Pleasure” non è un album da condividere in maniera affrettata.
È un lavoro che ha aspettato circa 6 anni per vedere la luce e c'è un motivo: in queste tracce Feist si fa vulnerabile e si spoglia degli strumenti, preferendo spesso una composizione di chitarra, voce, un paio di distorsioni e un po' di eco.
Fine, basta, lei e il suo microfono e la sua chitarra.
Quasi mi sembra di immaginarla nello studio di registrazione da sola, a fare tutto con la sua tipica delicatezza canadese.
Feist si spoglia di orpelli e sembra che canti da un posto lontanissimo e senza luce, ma la sua voce squarcia la distanza e arriva nella sua pienezza.
“Pleasure” è un ottimo liquore da degustazione, invecchiato per il tempo giusto, che colpisce con le sue note intense e meditative; “Pleasure” è nomen omen, è una riflessione profonda sulla solitudine nell’inevitabilità dei rapporti sociali.
Un album sulla solitudine, quindi, non si può suonare con troppi strumenti. Tutto torna.
ph. credit Elizabeth Weinberg
In alcuni momenti sembra di ascoltare PJ Harvey proprio nei suoi momenti storici in cui era incazzata e se la prendeva con la chitarra: un esempio su tutti è la title track che cambia completamente in tutta l’ultima parte. Quello che però riesce esclusivamente a Feist è il riuscire a riportare tutto in una dimensione di delicatezza vellutata, come quando ci si calma dopo un litigio violento o una crisi nervosa.
Il piacere si insinua nelle orecchie e chiamare un disco così intimo e per certi versi molto ruvido con il nome esatto dell'emozione continua che suscita, è uno scacco matto al quale mi inchino.
Feist ce la fa anche questa volta, mostrando un lato di sé leggermente diverso dai precedenti ma coerente, stampando un capitolo imperdibile nella sua discografia.
Sono curiosa di ascoltare queste canzoni dal vivo, perché immagino il concerto come un'esperienza di intimità spirituale.
Ma questa è un'altra storia che spero di poter raccontare un giorno.
Album: Pleasure
Artista: Feist
Etichetta: Polydor (France)
Uscita: 28 aprile 2017
Tracce: 11
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Canzoni da ascoltare: “Pleasure”, “I wish I didn’t miss you”, “Century” ma soprattutto l'immensa “I'm not running away”.
© Fiorella Vacirca